Questo libro sintetico e diretto espone gli elementi fondamentali del cristianesimo nel linguaggio ultimativo della metafisica. Un linguaggio che non è né un gergo filosofico, né il risultato di divagazioni esoteriche, ma l’espressione semplice di una mente che riflette sulla Rivelazione trasmessa una volta per sempre nell’anno zero della nostra era, seguita da duemila anni di approfondimenti teologici. Il guadagno è che questo linguaggio nel mostrare l’attualità della “buona novella” la rende altresì udibile dalle menti degli uomini moderni che siamo.
Sommario
- Prefazione di Aldo La Fata
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PARTE PRIMA: Della persistenza del sacro
- Cap. I. Struttura del sacro
- Cap. II. Ragione e Intelligenza
- Cap. III. Speculazione e Rivelazione
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PARTE SECONDA: Dell’accesso ai misteri
- Cap. IV. Simboli e Paradossi
- Cap. V. Metafisica dell’analogia
- Cap. VI. Della teologia mistica
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PARTE TERZA. Dei misteri cristiani
- Cap. VII. La Trinità universale
- Cap. VIII. Il Cristo ologrammatico
- Cap. IX. La Vergine: dall’ordine cosmico all’ordine divino
- Cap. X. Della creazione
- Cap. XI. Della fine del mondo
- Cap. XII. Dell’aldilà dell’Essere
Estratto
Dell’esoterismo e della metafisica
Se l’esoterismo indica un velamento, la metafisica indica uno svelamento (Borella). Tutto ciò che è manifestato non è mai del tutto presente poiché la sua invisibile radice, la sua causa, la sua fonte, rimane sempre non manifestata. In tal senso si può dire che l’esoterismo suggerisca l’esistenza di un non-manifestato e quindi di un velamento.
Tutt’altra cosa è la pura dottrina metafisica il cui linguaggio trasparente è formato dai concetti e dai principi più astratti nonché dalle concatenazioni più logiche: “poiché –dice S. Dionigi Areopagita- quanto più noi ci eleviamo verso l’alto, tanto più le parole si contraggono per la visione di insieme delle cose intellegibili” (Teologia mistica, 1033 B).
Infatti, poiché la metafisica utilizza il linguaggio stesso dell’intelligenza, l’atto d’intellezione è tutt’uno con l’intelligenza stessa. In questo senso, il discorso metafisico rappresenta il caso limite dell’ermeneutica, ne è l’ultimo interprete e a sua volta non può essere interpretato. Inoltre, in questa sua connotazione estrema, il linguaggio metafisico non può essere superato esotericamente che da un apofatismo totale e non formale che dialetticamente procede alla sua “autoeliminazione” (Guy Bugault). “Beate le intelligenze prive di occhi” affermava S. Dionigi Areopagita (Teologia mistica, 997 B).
Ma come complemento della modalità intellettiva, la metafisica può fare appello alla modalità simbolica; entrambe “sono indispensabili: la simbolica ci fa vedere, l’intellettiva ci fa capire” (Borella). Ciò non altera la posizione della metafisica come esoterismo “assoluto” (senza possibilità di ulteriori interpretazioni), e come l’ermeneutica più dipendente ontologicamente dal suo oggetto, il revelatum, unico interprete di cui essa si occupa. Per altro, questa fondamentale dipendenza è quella di ogni modalità simbolica, il simbolo (l’interpretante simbolico) essendo ontologicamente unito al suo interpretato nella misura in cui lo presentifica, lo rende presente. [pp. 36-37]
Epitome
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