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La democrazia del futuro

Condivisione del potere

Bruno Bérard

Questo libro è stato scritto in francese, gli elementi di presentazione che seguono sono stati tradotti in italiano.

Dall’antichità ai giorni nostri, ciò che la storia di queste democrazie dimostra è che esse sono l’opposto di regimi rappresentativi istituiti secondo regole plutocratiche (Stati Uniti, Francia, Africa). Il potere ai più numerosi non è democratico, è di tutti (panarchia) e soprattutto condiviso (diacrazia). Fortunatamente, le nozioni metafisiche di Libertà, Uguaglianza e Fraternità permettono di portare alla luce le potenzialità di una vera democrazia.

Sommario

  1. Prefazione
  2. Parte I. L’illusione democratica

    1. Cap. 1. Democrazia, breve storia della parola e della cosa.
    2. Cap. 2. Tipi di “democrazia”.
    3. Cap. 3. Dell’illusione democratica.
  3. Seconda parte. L’impossibilità democratica

    1. Cap. 4. Democrazia o repubblica?
    2. Cap. 5. Paradossi sociali
    3. Cap. 6. Impossibilità democratica
  4. Parte III. potenziale democratico.

    1. Cap. 7. Incompletezza democratica
    2. Cap. 8. I principi di una panarchia
    3. Cap. 9. Uguaglianza, una chimera
    4. Cap. 10. Essere liberi è obbedire
    5. Cap. 11. Libertà, Uguaglianza, Fraternità
    6. Cap. 12. Verso una panarchia diacratica

Estratto

La Rivoluzione francese, ispirata, come quella americana, dall’Illuminismo, sembra, a prima vista, apportare altri elementi alla nozione di democrazia, in particolare il riferimento a principi universali e una forte separazione dei poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario. Tuttavia, come negli Stati Uniti, la democrazia in quanto tale deve essere evitata. In effetti, Spinoza, Montesquieus e altri Rousseau si opponevano giustamente alla democrazia e alle elezioni, quest’ultime semplicemente una questione di aristocrazia – anche se eletta invece che ereditaria. Eppure è davvero un governo “rappresentativo” eletto che sarà messo in atto. Come affermava senza mezzi termini il coeditore della Costituzione francese, l’abate Emmanuel-Joseph Sieyès (1748-1836):

La Francia non dovrebbe essere una democrazia, ma un regime rappresentativo. […] la stragrande maggioranza dei nostri concittadini non ha né abbastanza istruzione né abbastanza tempo libero per voler occuparsi direttamente delle leggi che devono governare la Francia; devono quindi limitarsi a definirsi rappresentanti […] non hanno alcuna volontà particolare di imporre. Se dettassero testamenti, la Francia non sarebbe più questo stato rappresentativo; sarebbe uno stato democratico. Il popolo, ripeto, in un paese che non è una democrazia (e la Francia non può esserlo), il popolo non può parlare, può agire solo attraverso i suoi rappresentanti.1

Così, dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 viene rapidamente eliminata la possibilità di contribuire personalmente alla formazione delle leggi: «La legge è l’espressione della volontà generale. Tutti i Cittadini hanno il diritto di concorrere personalmente, o tramite i loro Rappresentanti, alla sua formazione” (art. 6). Non lo troveremo mai “personalmente” nelle Dichiarazioni successive.

Con il rifiuto del suffragio universale a favore di un voto di proprietà riservato ai cittadini benestanti, anche il regime politico delle repubbliche francesi si annunciava direttamente – e costituzionalmente – aristocratico e plutocratico. Come negli Stati Uniti, vogliamo un “paese governato dai proprietari”2. Naturalmente, anche la Francia della metà del XIX secolo vedrebbe la parola “democrazia” maliziosamente associata a quella di “repubblica”, per placare i poveri.

Come si vede, l’origine delle democrazie moderne mostra piuttosto che non lo sono. Né il potere né il diritto di voto dovrebbero essere dati ai cittadini, a vantaggio dei rappresentanti eletti dai più ricchi tra loro.

Note

  1. François Furet, Ran Halévi (dir.), Les Orateurs de la Révolution française, t. I , Paris : Gallimard, 1989, pp. 1025-1027.[]
  2. François Furet, Denis Richet, La Révolution française, Paris : Fayard, 1973, p. 259.[]

Epitome

Perché gridano sempre “Viva la Repubblica!” » e mai « Viva la democrazia! », mentre ne fanno il non plus ultra di ogni società umana; soprattutto, come possono pretendere di identificare democrazia e governo rappresentativo, cosa che i fondatori americani ei rivoluzionari francesi si guardarono bene dal fare, dato che li opponevano. Nessuno, infatti, vuole la “democrazia”, né nel senso di un potere ai più numerosi, né nel senso degli attuali regimi politici chiamati democratici nel XIX secolo in Francia e negli Stati Uniti con l’inganno. È una “panarchia” quella che si cerca: il potere è di tutti, o meglio, una “diacrazia”: il potere è condiviso, nel tempo e nello spazio, con saggezza.

Pertanto, non stiamo vivendo una crisi di democrazia, ma una crisi di potere; e comprendiamo le lotte a favore delle “alter-democrazie”. Soprattutto, tornando a una comprensione metafisica di Libertà, Uguaglianza e Fraternità, possiamo vedere come una “democrazia selvaggia” dovrebbe poter fiorire.

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