Questa introduzione alla teologia cristiana è facile da seguire, con ogni versetto del Credo (in questo caso, il Credo niceno-costantinopolitano) spiegato a turno da tre autori: un monaco ortodosso, un esoterista cristiano e un autore ed editore di metafisica il cui primo libro sui misteri cristiani ha ottenuto l’imprimatur della diocesi di Parigi. Questi collaboratori condividono un obiettivo comune: condividere con il maggior numero possibile di persone gli elementi più sublimi della rivelazione cristiana in cui si sono imbattuti.
Nella seconda parte, viene mostrato il potenziale di cristificazione della vita umana, in relazione all’amore, alla teologia mistica e alla vita spirituale.
Infine, il libro si conclude sottolineando le attuali sfide che la teologia deve affrontare a causa del divario tra una teologia vissuta e una teologia troppo accademica.
Nella sua prefazione e postfazione, il professore di teologia dogmatica Johannes Hoff colloca l’ambizione di questo libro all’interno dell’evoluzione accademica della teologia, in particolare nei circoli anglosassoni.
Sommario
PARTE PRIMA. DIO
Capitolo I. Dio Padre
Capitolo II. Creazione
Capitolo III. Dio Figlio
Capitolo IV. Dalla caduta all’incarnazione
Capitolo V. La Vergine Maria
Capitolo VI. Dalla crocifissione alla risurrezione
Capitolo VII. La Parousia e il Pleroma
Capitolo VIII. Dio Spirito Santo
Capitolo IX. Sulla Trinità
Capitolo X. La Chiesa
Capitolo XI. Sulla comunione dei santi
Capitolo XII. Sacramenti
Capitolo XIII. La morte, la fine del mondo e il Regno
PARTE SECONDA. DELLA VITA UMANA
Capitolo XIV. Sull’amore
Capitolo XV. L’uomo capace di Dio
Capitolo XVI. Teologia mistica e vita spirituale
CONCLUSIONE. SFIDE ATTUALI PER LA TEOLOGIA
Estratto
Sull’unicità del più di tutti
Dio è
Sebbene Dio sia inconoscibile in quanto tale, la sua esistenza ci sembra ovvia, come lo era per il fondatore della scienza, Aristotele, il cui ragionamento porta a una Causa necessaria delle cause. Questo perché la possibile sequenza di seconde cause successive1 si basa sulla necessaria esistenza di una prima causa. “Se nulla è primo, assolutamente nulla è causa”2, scrive, il che significa che la scienza stessa, come conoscenza attraverso le cause, diventerebbe illusoria. Da quel momento in poi, potremmo anche chiederci se credere nelle prove sia ancora credere.
Contrariamente alla falsa opposizione tra conoscere e credere – c’è chi conosce e chi crede! -Non possiamo conoscere ciò in cui non crediamo, né possiamo credere in ciò di cui non sappiamo nulla. Quindi non c’è una linea che va dall’ignoranza alla credenza alla conoscenza, ma l’ordine del conoscere è necessariamente affiancato dall’ordine del volere. Decidiamo di aderire a una forma di conoscenza. In questo caso, crediamo – conosciamo – l’ovvia esistenza di Dio in quanto tale, prima di avere bisogno di saperne di più su di Lui.
Un solo Dio
eContro ogni aspettativa, sarebbe probabilmente meglio dimenticare il termine “monoteismo”, una parola nata, contemporaneamente all'”etnologia”, nel XIX secolo colonialista ed etnocentrico delle “razze superiori”. Così, analizzando le “razze inferiori” (i “selvaggi” del XVIII secolo divennero i “primitivi” e poi, secondo le parole di Tylor3, le “razze inferiori”!), una teoria prevedeva che, partendo dall’animismo, questi popoli passassero al feticismo, poi al naturismo, quindi, divenuti “semi-civilizzati” (sic), raggiungessero il politeismo e, infine, il monoteismo4. Altri, invece, hanno immaginato la teoria opposta di un Urmonotheismus: un “monoteismo primitivo” che potrebbe degenerare, in una fase di decadenza, in dualismo o politeismo5. Questa teoria si basa su casi inconfutabili di “monoteismo”: “Tu, unico Dio, oltre al quale non ce n’è un altro” (Inno al Sole del faraone Akhenaton, 1350 a.C.). Tuttavia, i controesempi di ciascuna di queste teorie evolutive le hanno rese entrambe obsolete, quindi è tempo di abbandonare la prospettiva storicista troppo congetturale.
Tanto più che abbiamo la prova inconfutabile dell’unicità del superlativo: “il più grande”. Questo ‘più grande’ è necessariamente l’unico del suo genere6. Questa banalità, che viene sperimentata anche dai popoli con una “mentalità prelogica” (per usare l’infelice espressione di Lévy-Bruhl7), mette questo riconoscimento di un “Più Grande” unico, un Dio unico, alla portata di tutti, in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo. E questa esperienza, dopo molte altre come S. Anselmo o Cartesio, è un’esperienza che tutti possono fare.
Così troviamo ovunque il “Dio geloso” (Esodo XXXIV, 14): “Io sono il Primo e l’Ultimo, e non c’è altro Dio all’infuori di me” (Isaia, XLIV, 6), oppure “Non c’è altro Dio all’infuori di Allah”, Brahman e Parabrahman (l’Assoluto da cui tutto procede), Tao (Essere Supremo, Madre del mondo), ecc. Nel Cristianesimo, riconosciamo un unico Dio, “per natura, per sostanza e per essenza”, “un unico vero Dio, immenso e immutabile, incomprensibile, Onnipotente e ineffabile” (Santo degli Ultimi Giorni, 1949). Il Cristianesimo riconosce un solo Dio, “per natura, per sostanza e per essenza”, “un unico vero Dio, immenso e immutabile, incomprensibile, onnipotente e ineffabile” (Laterano IV: DS 800).
Dio Padre
Molte religioni, se non tutte, hanno detto che Dio è “Padre” (o anche “Madre”), il che rappresenta un’ovvia analogia con la vita umana. Per tutto questo, ciò che sarà fondamentale per il Cristianesimo qui è che si dirà che Egli è altrettanto “Figlio”8, infatti, Padre e Figlio e Spirito Santo: Tre Persone, ma una sola Essenza, una sola Sostanza o Natura assolutamente semplice (Laterano IV: DS 800)9. Non solo Dio è il Figlio, ma si è anche incarnato in Gesù Cristo, “annientando se stesso, assumendo la condizione di schiavo” (Fil II, 7), lavando i piedi ai Suoi discepoli (Gv XIII, 4-5), presentandosi come “mite e umile di cuore” (Mt XI, 29) e accettando la crocifissione e la morte. E così diciamo: “Il Messia crocifisso, scandalo per i Giudei e stoltezza per i Gentili” (1 Cor 1, 23). È questo Dio-Figlio che, attraverso la Sua morte e risurrezione, rende l’uomo figlio: si è fatto uomo affinché l’uomo diventasse Dio (Sant’Ireneo di Lione). Così, il Padre passa attraverso di Lui per creare il mondo, e l’uomo passa attraverso di Lui per tornare al Padre: “Chi ha visto me ha visto il Padre”, dirà Lui, poiché “io sono nel Padre e il Padre è in me” (Gv XIV, 9-10). E questo progetto di rendere l’uomo partecipe del divino risale alla sua creazione, essendo la stessa Caduta vista come il passaggio attraverso il quale l’uomo imperfetto deve passare per diventare Dio per grazia (San Massimo il Confessore, Ambigua a Giovanni).
Note
- Vedere il glossario.[↩]
- Métaphysique I, a c. 2, tradotto da Jean-Marie Vernier, S’ouvrir à la métaphysique, Paris: Hora Decima, 2022, p. 18.[↩]
- L’etnologo Sir Edward Burnett Tylor (1832-1917).[↩]
- Alcuni hanno aggiunto una fase pre-politeistica: il polidemonismo, e una fase post-politeistica: la monolatria.[↩]
- Wilhelm Schmidt (1868-1954), etnologo e linguista; dopo Andrew Lang (1844-1912), scrittore ed etnografo.[↩]
- “L’Essere Supremo deve necessariamente essere unico, cioè senza uguali. [Se Dio non è unico, non è Dio” (Tertulliano, Mc I, 3).[↩]
- Il sociologo e antropologo Lucien Lévy-Bruhl (1857-1939).[↩]
- Vedere il capitolo VI. Dalla crocifissione alla risurrezione, sezione 2. Sull’identità verticale di Cristo-Verbo-Figlio.[↩]
- Vedere il capitolo IX. Sulla Trinità, sezione 1. La Persona è solo una relazione.[↩]