Introduzione

Immaginato da Giulio Verne nel XIX secolo e realizzato dopo l’invenzione del laser (1961), un ologramma è solo un’immagine in 3D, ma con la particolarità che l’intera immagine (holos) è “scritta” (graphein) in ogni sua parte. L’analogia di questa particolarità con Cristo è evidente, essendo Egli «la pienezza di colui che riempie tutto in tutti» (Ep. 1, 23).

L’ologramma di Cristo attraverso la Creazione

Ogni cosmologia, che per Platone assume al massimo lo statuto di “mito verosimile” (ton eikota mython, Timeo 29D), richiede una cosmogonia e, in fine, una causa prima, anche trascendente: l’Assoluto contro il Relativo o, come direbbero gli hindù, Māyā contro brahman.

Ora, cosa lega l’Assoluto al relativo? Metafisicamente, questa è la paradossale congiunzione tra trascendenza (inaccessibile Sopra) e immanenza (Presenza dentro ogni cosa) di Dio. Eppure, la teologia cristiana insegna che tutto è per Cristo: Dio Padre crea per mezzo di Cristo, al quale tutto appartiene; Egli ci parla per mezzo di Lui.

  • il Figlio, che Dio ha costituito erede di tutte le cose e permezzo del quale ha fatto anche il mondo (Eb. 1, 2)
  • In lui sono state create tutte le cose, che sono nei cieli e sulla terra; le visibili e le invisibili; siano troni, siano signorie, siano principati, siano potestà; tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui (Col. 1, 16)
  • Poiché da lui, grazie a lui e per lui sono tutte le cose (Rm. 11, 36)

Quindi, Cristo è più di un semplice “anello di congiunzione”: Egli è Dio all’interno della Trinità e ha assunto la natura umana mediante l’Incarnazione. Egli dispiega una Verticalità totale: Cristo (Incarnazione) – Parola o Logos (Creazione) – Figlio (Dio-Trinità). Così, Egli è sia Sopra che Dentro (trascendente e immanente) ed è interamente ovunque: Egli è appunto l’Ologramma divino in tutta la creazione.

Metafisicamente, tutto appare concatenato, non solo come parte di un’unica manifestazione, ma in quanto costituente un insieme unico di molteplicità indefinita rispetto al Principio. La molteplicità in quanto tale esiste alquanto illusoriamente se viene separata dal suo Principio unico. Anche l’esistenza di questa molteplicità è fondata sull’unità dalla quale è emanata e nella quale è contenuta principialmente. Questo è il Cristo ologrammatico nella creazione.

Il Cristo ologrammatico nell’esistenza umana

Il Figlio-Parola-Cristo è La Relazione: in quanto Figlio, è  relazione di Dio con Dio; come Parola, è il rapporto tra il creato e l’Increato; come Cristo, è il rapporto di prossimità o di vicinanza: il Prossimo per eccellenza. In quanto tale, Egli è il fondamento metafisico del Rapporto di prossimità costitutivo del prossimo.

Amare il nostro prossimo perciò, è scoprire che una persona è relazione di prossimità, così come il mistero trinitario definisce la Persona divina come relazione (figlio o padre, si tratta di un rapporto di filiazione o di paternità – relazione sussistente nella Trinità).

Eppure a questo fondamento “logico” si aggiunge la pietra angolare dell’Incarnazione-Redenzione per cui Cristo rimane presente, in Persona, per grazia, nell’atto d’amore. Il Cristo essendo mediator Dei et hominum, è mediatore in essenza, ed è solo per mezzo di Lui che gli uomini entrano reciprocamente in relazione di prossimità. È in Gesù-Cristo che si ama Dio e ci si fa suo prossimo, è per l’umanità di Cristo-Parola-Figlio, che Dio può amare tutti gli uomini.

Quindi, se il prossimo è Cristo, è perché Cristo è Il prossimo. Egli Lo dice senza possibilità di equivoci:

  • Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato” (Mt. 10, 40);
  • E chiunque riceve un bambino come questo nel nome mio, riceve me. Ma chi avrà scandalizzato uno di questi piccoli che credono in me, meglio per lui sarebbe che gli fosse appesa al collo una macina da mulino e fosse gettato in fondo al mare (Mt. 18, 5-6; Mc. 9, 42; Lu. 17, 2);
  • In verità vi dico, in quanto l’avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli, l’avete fatto a me (Mt. 25, 40-45).

Gli altri e me stesso siamo creati come mezzo per avvicinare l’increato. Il fine dell’atto d’amore non è l’altro in quanto tale, ma l’altro come mio prossimo. Altrimenti detto: il prossimo è materia di prossimità, e Cristo è la sua Forma eterna.

Ciò significa che ogni prossimo è Cristo, persino il più lontano, persino il proprio nemico: “Ama i tuoi nemici, benedici quelli che ti maledicono, fa’ del bene a quelli che ti odiano e prega per quelli che ti usano con disprezzo e ti perseguitano… Siate dunque perfetti, come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli (Mt. 5, 44-48).

Sicuramente, non si tratta di provare un amore emotivo o sentimentale per tutti, nemici compresi (i sentimenti non si possono comandare), ma amare come ama Dio (qualunque sia il modo in cui possiamo intenderlo); da qui l’ingiunzione finale: “Siate dunque perfetti, come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli”.

Orbene, se Cristo è presente in ogni essere umano – se è il suo “ologramma” -, ciò significa che io sono Cristo per gli altri, da cui il comandamento: “ama il prossimo tuo come te stesso” (Mc. 12,31). Eppure possiamo essere Cristo per tutti gli altri, ma non possiamo esserLo da soli o per noi stessi. Cristo è sempre l’Altro; anzi, per la creatura Dio è l’Alterità per eccellenza, il Totalmente Altro.

Ecco perché l’ “altro orizzontale” porta all’Uno Verticale; e questo per la partecipazione di tutti a Cristo. È per questo che all’ “Ama il Signore Dio tuo… Questo è il primo e grande comandamento”, si aggiunge: “E il secondo è simile ad esso: Ama il prossimo tuo come te stesso” (Mt. 22, 37- 39). Questo è il Cristo ologrammatico nella nostra vita.

Il Cristo ologrammatico nella prospettiva escatologica umana

Con l’Asse verticale del mondo – Cristo-Parola-Figlio – in ogni punto dell’universo che fa partecipare a Cristo qualsiasi essere esistente, è evidente l’unità della molteplicità indefinita all’interno del suo Principio. Ed è così che la prospettiva escatologica si fa chiara, in accordo alla promessa di Cristo: «Che tutti siano uno; come tu, Padre, sei in me e io in te, perché anch’essi siano uno in noi» (Gv. 17, 21). Questo mistero dell’Uno e del molteplice viene condensato da Nicola Cusano quando definisce il concetto di “filiazione”:

Filiatio igitur est ablatio omnis alteritatis et diversitatis et resolutio omnium in unum, quae est et transfusio unius in omnia (“La filiazione [per l’intelletto] è soppressione di ogni alterità e di ogni differenza, e risoluzione di tutte le cose in una e dispersione dell’uno in tutte le cose”).

Nicholas of Cusa , De Filiatione Dei 3, éd. Gabriel, t. II, p. 6261

Esso ha origine nella Creazione, in linea con il paradosso della trascendenza-immanenza. Si distingue in essenza e potenza:

Presente in tutta la creazione, la Parola sta al di fuori di tutto secondo l’essenza, ma è in ogni cosa secondo le sue potenze, comandando a tutte le cose e sviluppando ovunque verso tutti la sua provvidenza, vivificando ogni essere e tutti gli esseri insieme.

S. Athanase, Sur l’Incarnation du Verbe, § 172.

Essendo nella creatura, il Logos non vi partecipa con la Sua sostanza, ma fa partecipare tutte le cose della Sua potenza. Non è contenuto da nulla, ma contiene tutte le cose; Egli è fuori di tutto per la sua sostanza, è in ogni cosa per le sue potenze.3

Seguendo San Dionigi Areopagita e tenendo conto delle due nature di Cristo e, soprattutto, della sua incarnazione (Kai o logos sarx egeneto; Gv. 1, 14), Giovanni Scoto sviluppa un’analogia con i tre “momenti” di Dio, il primo, eterno: il compimento della Divinità sovraessenziale in Dio-trino; il secondo atemporale: la creazione, nella quale Egli si fa tutto in tutti, essenza unica di tutto (immanenza), pur rimanendone al di là, Uno ineffabile e sovraessenziale (trascendenza); e il terzo nella storia: l’incarnazione in cui le due nature ricapitolano la creazione4.

L’uomo è stato creato tra le Cause primordiali ad immagine di Dio, affinché in lui tutte le creature intelligibili e sensibili, di cui è composto per gli opposti estremi, divenissero un’unità indivisibile, così da essere mediatore e ricapitolatore di tutte le creature. Non c’è infatti creatura che non possa essere compresa nell’uomo; per questo nelle Sacre Scritture l’uomo è chiamato “ogni creatura” (omnis creatura) (536B).

Tutta la natura umana sarà rifondata in un unico intelletto, in modo che in essa non vi sia altro che un unico intelletto mediante il quale si contemplerà il Creatore (874B). Con Maestro Eckhart, ispirato da Aristotele: “l’anima [l’intelletto] è in qualche modo tutte le cose che sono [tutti gli esseri]”, (De anima, 431b 20), laddove “in qualche modo” significa in potenza, e intelletto, tutto l’essere in atto che, realizzando la sua essenza, diventa lui stesso il Tutto. Questo perché Eckhart accosta “l’anima è tutte le cose” a “Dio è tutto ed è Uno” (specialmente nel suo sermone 215). E allora, il farsi «Vergine» (trasformarsi in pura immagine di Dio), significa «permettere» a Dio di generare in noi suo Figlio, e identificarvisi per deificazione. Tale identificazione richiede, necessariamente, una “ricapitolazione”.

Tutte le creature vengono a raccogliersi nel mio intelletto, affinché in me diventino intelligibili. Io solo, le preparo a tornare a Dio.

Meister Eckhart, « Toutes les créatures se rassemblent dans ma raison… », éd. Alain de Libera, op. cit., p. 388.

Uomo, solo quando sei diventato tutto ciò che vivi nella Parola e nelle schiere celesti.

Angelus Silesius, I, 191.192.

Quindi, la formula “Ologramma Cristologico” vuole ricordare che il Tutto è in tutto attraverso Cristo, e che, di conseguenza, quando l’Alterità verticale (Dio) scompare, scompare anche l’Alterità orizzontale (gli altri); senza dubbio questo è il significato di “amare il prossimo” (Mt. 22, 39) e di “amare i propri nemici” (Mt. 5, 44), ricordando che “l’egoismo della salvezza” è impossibilità pura.

Il primo passo è dunque questo amore universale – insieme al cruciale “non giudicare” (Mt. 7,1) –, cioè assumere, per così dire, l’intera umanità insieme a tutte le creature. Questo è il massimo che noi uomini si possa fare, perché il secondo stadio (la deificazione) rientra interamente nella grazia di Dio. Tuttavia, questo secondo stadio non consiste in una qualche identificazione totale della creatura con il Creatore: se «Cristo si può dire Figlio di tutta la Trinità come siamo anche noi», è perché, anche deificato, anche totalmente assimilato all’Essenza divina, non c’è mai piena identificazione. La creatura che entra nella circumincessione trinitaria per spirazione d’Amore (Spirito Santo), significa proprio che la creatura non cesserà mai di donarsi eternamente; per questo «la carità non avrà mai fine» (1 Cor. 13,8), «perché è l’eterno passaggio dal relativo all’Assoluto. In quanto tale, l’Identità suprema non è mai pura identificazione” come lo esprime bene persino l’advaita vedānta:

Anche se la dualità sta svanendo [tra Dio e l’uomo], O Signore, io sono tuo, Ma tu non sei mio.

Le onde appartengono all’oceano, ma l’oceano non appartiene mai alle onde

Shankara, Vishnu shatpadi, 3.

Conclusioni

A causa della relazione assoluta di Prossimità del Cristo-Figlio,

a causa della Creazione di tutti gli esseri attraverso la Parola di Cristo e la Sua presenza in ogni essere,

a causa dell’Incarnazione che ripristina in tutti gli uomini l’appartenenza a Gesù-Cristo (“Poiché come il corpo è uno e ha molte membra, e tutte le membra di quell’unico corpo, essendo molte, sono un solo corpo: così è anche Cristo”, 1 Cor. 12, 12), dispensatore di salvezza che coinvolge tutti gli uomini – “ognuno è membro dell’altro” – (Rm. 7,5) e ogni cosa creata (cfr. Meister Eckhart).

– Che tutti siano uno, come tu, Padre, sei in me ed io in te; perché anch’essi siano uno in noi” (Gv. 17, 21);

– Poiché noi, essendo molti, siamo un solo pane e un solo corpo: poiché di quell’unico pane siamo tutti partecipi (1 Cor. 10, 17);

– Poiché come il corpo è uno e ha molte membra, e tutte le membra di quell’unico corpo, essendo molte, sono un solo corpo: così è anche Cristo (1 Cor. 12, 12). La realtà metafisica di Cristo, la sua presenza in tutto e la sua mediazione universale (orizzontale e verticale), mostra come Egli regni al di là di ogni religione. Questo significa la Sua ologrammità: la salvezza è per mezzo di Lui e con tutti i prossimi.

Ogni prossimo è Cristo, io sono Cristo per gli altri, siamo tutti suoi membri, come in cielo, così in terra.

Note

  1. in Jean-Michel Counet, Mathématiques et dialectique chez Nicolas de Cuse, Paris : Vrin, 2000, p. 403.[]
  2. Charles Kannengiesser, Athanase d’Alexandrie. Sur l’incarnation du Verbe, Paris : Cerf, 1973, pp. 325-327.[]
  3. Reported by A. Gaudel, « La théologie du ΛΟΓΟΣ chez saint Athanase (suite) », Revue des Sciences Religieuses, Année 1931, 11-1, pp. 1-26.[]
  4. “Cristo possiede come noi un corpo e dei sensi, un’anima e un intelletto. Eppure, la natura umana è costituita da queste componenti come quattro parti che Cristo, come vero Uomo, ha assunto e unificato in Lui. Perché Cristo si è fatto Uomo perfetto” (541C).[]
  5. Meister Eckhart, Les sermons, trad. Gwendoline Jarczyk, Pierre-Jean Labarrière, Paris : Albin Michel, 2000, p. 208.[]