Basta vedere qualche immagine del film di Rossellini o del “film sul film” di Grandclaude1 per capire che si tratta di un cinema diverso.

Non un cinema di un’altra epoca, di un altro orizzonte, ma un altro modo di filmare, un altro modo di fare, un altro modo di mostrare.

Lo si capisce quando ci si rende conto che questi film hanno più di trent’anni ma non sono invecchiati; eppure il cinema, meno di ogni altra vera arte, non può nascondere la sua età; anzi, molto spesso è risibilmente datato – per quanto prestigiosa possa essere stata la sua firma.

Se questi film ci fanno venire in mente la musica eterna, quella che ci parla ancora dopo secoli – pensiamo a una suite di Bach, per esempio – o i dipinti senza tempo in cui a volte troviamo persino delle vie del futuro, come testimonia la Tentazione di S. Antonio nell’altare di Isenheim. Se dunque questi film sembrano senza tempo, non è perché sono simili ai capolavori del genere, ai Bergman, agli Hitchcock, ai Sautet, agli Eastwood – e vediamo di sfuggita che appartengono quindi a più generi – ma, al contrario, perché sono gioielli di altro ordine, che rivelano l’arte del cinema, l’arte di mostrare senza mostrare, l’arte senza fili, senza espedienti, senza effetti speciali; il film che mostra il significato dell’atto di filmare: una lezione di cinema!

Così quello che all’inizio sembrava un altro cinema era in realtà il cinema stesso, il cinema in atto, l’atto puro, l’atto staccato dal suo oggetto.

Un giornalista potrà anche litigare sull’oggettività, denunciarne l’impossibilità, la pretenziosità – e così facendo avrà messo il dito sul vero soggetto – ma non avrà visto di cosa si trattava, non avrà guardato il lato giusto dell’immagine: sarà rimasto intrappolato nello schema fenomenologico di un binomio inestricabile tra un soggetto che guarda e un oggetto che viene visto. Se è vero che lo sguardo fa l’oggetto, che lo sperimentatore modifica l’esperienza in corso, al giornalista sarà sfuggito il ruolo cruciale della macchina da presa – che è specifico del cinema e senza il quale non esisterebbe – e che qui viene elevato a veicolo dell’intenzione oggettiva. Inoltre, uno dei maggiori contributi educativi del “film sul cinema” di Grandclaude è senza dubbio quello di rivelare Rossellini, lasciando che la macchina da presa faccia il suo lavoro.

Il profano – cioè noi – che aveva comunque visto subito un altro tipo di cinema, ora sa di aver incontrato il cinema. Perché ha visto non tutte le sue possibilità, tutti i suoi generi, tutti i suoi modi, ma la possibilità di un cinema in cui, ripetiamo, la macchina da presa può essere il mezzo di un’intenzione oggettiva.

Scopriamo allora l’impegno sociale ed economico che Rossellini intendeva assumere con il cinema, ma ne comprendiamo subito anche l’inaccettabile sovvertimento: restituire agli spettatori la loro libertà e, al di là di questo, rifiutare la manipolazione consolidata di democrazie necessariamente mediatiche – i giornali nascono con loro – e che, come diceva Churchill, degenerano necessariamente nella demagogia.

Il fatto che questa presa di coscienza potesse avvenire proprio nel momento e, simbolicamente, nel luogo stesso che si mette al servizio della mercificazione dell’arte – sull’esempio della mercificazione degli esseri umani, della religione e della politica – distorcendo il significato della bellezza, era davvero ciò che era inaccettabile e che doveva essere evitato ad ogni costo. Non ridiamo più, c’è troppo denaro in gioco!

In un mondo in cui la bontà è un concetto superato e la verità un valore relativo, l’unica cosa da fare era impedire la corruzione della bellezza. Una vasta cospirazione – senza complottisti – in cui l’illusione del progresso ottocentesco conduce al nulla che chiamiamo postmodernità. Mentre Platone del buono, del vero e del bello si rivolta nella tomba, si leva ancora qualche voce e, certamente, qualche organismo o gruppo indipendente per preservare queste testimonianze di un altro mondo possibile, siano esse nomi, testi o film sull’arte di filmare, che, come le opere di Platone, Bach o Rembrandt, devono rimanere a disposizione delle generazioni future.

Note

  1. il cineasta e produttore Jacques Grandclaude, che ha ripreso Rossellini mentre girava la sua opera testamentaria: Beaubourg, centre d’art et de culture, 1977[]