Introduction

Due tendenze fondamentali sembrano convergere per produrre ‘abitanti’ apolitici. Una è la confisca del potere al popolo, che ha avuto luogo non appena è stata istituita la Repubblica ed è stata esplicitamente annunciata come tale sia negli Stati Uniti che in Francia. Questo è un fatto assodato nel discorso dell’epoca e persino nei testi delle costituzioni adottate. Così, eletti sulla base di una legittimità costruita, i presidenti gridavano “Viva la Repubblica”, ma mai “Viva la democrazia”, e gli imbroglioni andavano a ballare ai balli del 14 luglio sullo sfondo di una memoria nazionale inventata. Con un approccio più strettamente politico, mostriamo come la confisca del potere, allontanandosi dall’idea di democrazia, porti necessariamente alla scomparsa del cittadino effettivo a favore dello sviluppo di una popolazione sempre più apolitica. Questo è ciò che denuncia La démocratie du futur, prima di suggerire modi per ripoliticizzare la condivisione del potere.

L’altra tendenza, che priva la politica di qualsiasi possibilità di un simile movimento, è la volontaria sottomissione degli Stati da parte di un ultraliberismo deleterio, che trasforma gli ex cittadini in moderni individui apolitici – che siano consumatori che ‘colludono’ con il sistema, o emarginati delle periferie o delle zone rurali. Questo è ciò che denuncia la Manufacture de l’homme apolitique (Fabbricazione dell’uomo apolitico), offrendo un panorama assolutamente convincente basato su analisi di grande impatto.

Manufacture de l’homme apolitique – note di lettura

Che l’ultraliberalismo porti all’apolitismo tra le ‘masse’ è evidente – ma c’era bisogno di dirlo! -Questo libro della filosofa Caëla Gillespie fornisce un’analisi perfetta degli aspetti positivi e negativi, soprattutto perché questo è il risultato innegabile a cui assistiamo da decenni. L’analisi dei regimi cosiddetti ‘democratici’, che in realtà sono nati sia negli Stati Uniti che in Francia, sotto il controllo borghese, mercantile e, fin dall’inizio, plutocratico, e che hanno portato alla confisca del potere, mostra chiaramente la sua innegabile responsabilità per il disimpegno politico (non iscrizione alle liste elettorali, astensione, voti bianchi e non validi). Tuttavia, l’approccio economico fornisce in ultima analisi la motivazione, la forza trainante; e si tratta, antropologicamente, semplicemente dell’avidità individuale di alcuni, impostata come sistema socio-economico per tutti gli altri. “Tutti con il salario minimo tranne me” è lo slogan di questo sistema, illustrato dalla drastica riduzione del divario tra lo stipendio di un insegnante e il salario minimo (da 4 a 1,5), con gli stipendi degli insegnanti francesi che sono i più bassi d’Europa. In effetti, non dovremmo educare cittadini critici.

Storicamente, questo libro mostra chiaramente come l’ultraliberalismo si appropria indebitamente e supera le sue fonti nel liberalismo classico, dove il ruolo dello Stato era innanzitutto quello di salvaguardare la proprietà, un diritto individuale ricevuto alla nascita, che dava diritto al possibile dissenso e, in ogni caso, alla superiorità dell’individuo sullo Stato. Ciò è illustrato dal cosiddetto Emendamento negli Stati Uniti, che è specificamente concepito per consentire agli ‘abitanti’ (non osiamo più parlare di cittadini) di difendersi dal Governo federale!

Anche dal punto di vista storico, comprendiamo che era necessario sradicare tutto il monarchismo assoluto, che spolvera la proprietà individuale. Detto questo, piuttosto che la fine della storia, l’attuale neo-feudalesimo non è forse un ritorno al feudalesimo medievale, al regno delle tasse e al potere preventivo di pochi su tutti? Una regressione, quindi, con tutti gli aspetti infantili di questo tipo di patologia.

Un’osservazione di passaggio su Adam Smith, che non sminuisce in alcun modo le analisi del libro: ora sappiamo che il suo obiettivo generale non era tanto quello di liberare la ‘linfa vitale’ delle nazioni dal controllo dello Stato, ma, al contrario, quello di proteggere lo Stato dalle lobby dei mercanti. In ogni caso, possiamo vedere chiaramente il travisamento del liberalismo classico da parte dell’ultraliberalismo moderno, che condanna ogni regolamentazione statale.

Gli estratti del pensiero di Hayek sono edificanti.

Avremmo potuto aggiungere quello di Rawls, che è più un filosofo (Hayek è effettivamente un ‘economista’, ma non, a nostro avviso, il filosofo che sosteniamo di essere), con la sua giustificazione della miseria attraverso l’uguaglianza delle opportunità! Come se ci potessero essere affari su Venere dove non c’è nessuno, come se il mondo non fosse prima di tutto composto da persone (che, per inciso, sono incluse nella definizione di scienza economica) .

Resta il fatto che la retorica dell’ultraliberismo è ben affinata ed efficace. Ancor più che un ‘pensiero unico’, l’ultraliberismo sembra oggi un vero e proprio ostacolo al pensiero (vedi le giovani generazioni), avendo ridotto l’ambiente degli individui al dominio esclusivo del mondo commerciale. L’uomo è stato ridotto al ruolo – e identificato con esso – di produttore di ricchezza1 e di consumatore di beni. Non è più nemmeno un homo economicus, che rimarrebbe un essere umano; non è più che un agente, un elemento in equazioni – classificate dal potere d’acquisto.

Tre commenti:

  • In primo luogo, questo legame tra cittadinanza e potere d’acquisto ci riporta direttamente alle origini plutocratiche della Rivoluzione (in particolare ai prezzi da pagare per votare o per essere eletti).
  • In secondo luogo, possiamo aggiungere che, come tutte le scienze moderne – compresa la più concreta di tutte, la fisica – la scienza economica ha totalmente abbandonato la realtà a favore dell’astrazione matematica. Non sorprende, quindi, che tutta l’umanità scompaia dietro le cifre.
  • Infine, potremmo parlare del linguaggio delle aziende, che ora nominano un “Direttore delle Risorse Umane” (dopo il “Capo del Personale” e il “Direttore delle Relazioni Umane”), trasformando i dipendenti in “risorse umane”, senza rendersi conto che stanno riproducendo, a modo loro, gli orrori di un regime di sinistra memoria.

I tentativi (riusciti) dell’ultraliberismo di rovesciare la piramide delle leggi economiche sono stati ascoltati. Ciò che rimane, come ho detto, sono le questioni di moralità che hanno un impatto economico limitato perché si svolgono nella sfera privata (omosessualità, pedofilia, ecc.). A parte la tassazione degli utenti colti in flagrante, ovviamente, non è stato fatto molto per la prostituzione e, sorprendentemente, anche se si tratta di un potenziale super business, l’eutanasia rimane nelle mani dello Stato.

È vero che considerare lo Stato di diritto come una condizione necessaria (ma non sufficiente) della democrazia, avendo inoltre un’anteriorità ancestrale (II millennio a.C.), con i 282 articoli del Codice di Hammurabi, legislatore inaugurale e ‘re della giustizia’ di Babilonia), è chiaro che lo Stato è sotto attacco da tutti i lati, dall’alto (UE, sentenza Nicolò, art. 55 della Costituzione), dal basso (mondo commerciale) e dal lato (organismi non eletti come le organizzazioni finanziarie internazionali).

Di particolare rilievo sono

  • Le responsabilità ignorate dei responsabili e dei leader-mercenari che collaborano con il sistema (“Tous collabos!” riassumerebbe la situazione). Nel linguaggio degli affari, vengono sfacciatamente chiamati “collaboratori”.
  • La menzione del Cahier de politique économique n. 13 (pag. 105), che raccomanda la demolizione subdola delle scuole, non è ancora molto conosciuta.
  • L’espressione ‘elezioni democratiche’ (pag. 88), un ossimoro denunciato altrove (cfr. La démocratie du futur).
  • L’eccellente analisi dei siti urbani riservati alle manifestazioni.

Possiamo avere più riserve sull’immagine di una “rivoluzione religiosa”, un cliché di un “irreale qui sotto”, che è troppo semplicistico. L’espressione “corpo mistico” del cristianesimo si applica alla Chiesa, in un senso molto più ampio rispetto ai fedeli nel loro insieme. D’altra parte, dire che non c’è un disincanto del mondo, ma un (fallace) re-incanto o “misincanto” (la favola della “Necessità economica”) sembra abbastanza preciso (dovremo trovare l’autore americano che ha proposto questa formula di “misincanto”).

Per quanto riguarda i progressisti, potremmo fare riferimento al mito del progresso, iniziato durante il Rinascimento e denunciato ancora oggi (ad esempio Bouveresse, 2023). La definizione, data nel famoso articolo di Karl Kraus (1874-1936), è deliziosa:

il progresso è il prototipo di un processo meccanico o quasi-meccanico semovente e autosufficiente, che ogni volta crea le condizioni per la sua stessa perpetuazione, in particolare producendo inconvenienti2.

Più recentemente, secondo Georg Henrik von Wright (1916-2003):

la crescita economica continua è una condizione per risolvere i problemi che la stessa produzione industriale intensificata e razionalizzata crea.

In altre parole, il progresso è rimasto l’auto-soluzione ai problemi che pone; il progresso progredisce! come direbbe Heidegger. Basta etichettare coloro che denunciano i mali causati dal progresso come anti-progresso, per cancellare il nome del progresso, la soluzione perpetua a se stesso e a se stesso.

Conclusione

Alla fine, se l’affermazione dell’anarcocapitalismo diventa una conclusione scontata – e le recenti elezioni americane lo confermano, se fosse necessaria una conferma – è chiaro che il futuro inizia con la consapevolezza di questo stato di cose. Ma che dire dell’azione?

I mezzi a nostra disposizione sembrano molto limitati.

Mi sembra che il confinamento economico e le situazioni di sopravvivenza che vengono mantenute impediscano qualsiasi azione di natura economica.

L’apolitica fabbricata e definitivamente (?) stabilita, da parte sua, impedisce che le cose si evolvano verso una soluzione democratica, ossia una soluzione diacratica (cfr. “condivisione del potere”), proveniente dal basso. Quindi, il libro mostra chiaramente come le manifestazioni e i Gilets jaunes non abbiano alcun impatto politico. È stato ingenuo credere che questo potesse venire dall’alto e convincere i vertici dello Stato che la sua sopravvivenza risiedeva nella condivisione del potere (cfr. Democrazia del futuro); è stato non notare che lo Stato stesso sembra essere diventato apolitico. Inoltre, in un mondo barbaro in cui il potere è dato per scontato, non è diventato ovvio che questo non accadrà? Non avremo filosofi al potere, Platone avrà vissuto per niente.

Il bilancio è quindi indiscutibile, e ciò che resta da fare è inventare un piano d’azione.

Note

  1. si veda l’impensato della teoria economica su Metafysikos.[]
  2. “Der Fortschritt” (Il progresso), Simplicissimus, allora numero 275-276 del Fackel (“ La torcia ‘), riassunto da Jacques Bouveresse, “Le mythe du progrès selon Wittgenstein et von Wright”, Mouvements 2002/1 (no19), pp. 126 -141, §3.[]