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Tradotto dal francese da Aldo La Fata e Letizia Fabbro.
Dopo una breve panoramica sull’ecologia, la metafisica e una breve storia dello sviluppo sostenibile, si passa in rassegna l’etica corrispondente prima di proporre una teologia e, soprattutto, una metafisica dell’ecologia.
Metafisica ed ecologia
Come vedremo, se prima non definiamo correttamente i termini, non sapremo se, per l’ecologia, stiamo parlando di scienza, filosofia o dottrina politica e, per la metafisica, se stiamo parlando di religione o di principi primi. Da qui le prime precisazioni che seguono.
L’ecologia
L’ecologia, così come la metafisica, non può essere definita in modo semplicistico. Nella sua forma più semplice, la definizione è almeno triplice: scienza naturale, filosofia della natura e dottrina socio-politica.
SCIENZA
In ambito scientifico, è la parte della biologia che studia le interazioni degli esseri viventi tra loro e con il loro ambiente, costituendo un ecosistema. Etimologicamente, è lo studio (logos) della casa (oïkos) – abitata! Il termine è stato coniato dallo zoologo e biologo tedesco Haeckel (1834-1919)1 nella forma Ökologie e infine raggiunse il francese attraverso l’inglese œcology (traduzione inglese del libro di Haeckel nel 1873).
Oltre all’ecosistema globale, la Terra (o addirittura l’universo), una foresta o un lago possono essere studiati come un ecosistema a sé stante. Inoltre, si possono adottare punti di vista specifici, come l’ecologia umana, animale o vegetale, o anche l’ecologia di un ciliegio o di una rana.
FILOSOFIA
In filosofia, le origini greche dell’ecologia si trovano nella fertile dialettica natura-cultura che, attraverso Cartesio, è proseguita fino a Heidegger. Parallelamente all’inarrestabile industrializzazione del XIX secolo, negli Stati Uniti è nata una “coscienza ecologica”, con la nozione di wilderness e la creazione dei parchi nazionali americani2.
Pensatori come Ralph Waldo Emerson (1803-1882), Henry David Thoreau (1817-1862) e soprattutto Aldo Leopold (1887-1948), hanno posto le basi dell’etica ambientale moderna, che si è poi sviluppata nell’etica dello sviluppo sostenibile.
POLITICA
In politica, l’ecologia è l’insieme delle dottrine volte a raggiungere un migliore equilibrio tra l’uomo e il suo ambiente naturale, nonché a proteggere gli habitat naturali.
Da qui le proposte di protezione degli ecosistemi, della loro biodiversità e, più in generale, dell’ambiente. Da questo punto di vista, l’ambiente e la sua protezione dagli impatti umani (emissioni di gas serra, deforestazione, ecc.) sono solo una parte dell’ecologia, con i suoi concetti di biotopo (ambiente naturale) e biocenosi (gli organismi che vi interagiscono). Il cambiamento climatico ha reso i governi e le comunità più consapevoli della necessità di proteggerli.
Da qui il concetto di “sviluppo sostenibile”, che è stato finalmente definito quindici anni dopo il rapporto Meadows: “I limiti della crescita” (1972), che metteva in guardia dai pericoli per l’ambiente e l’umanità della crescita economica e demografica3.
L’ecologia di cui parleremo qui, sulla base di una scienza degli ecosistemi terrestri, sarà essenzialmente l’etica dello sviluppo sostenibile, la cui metafisica di fondo dovrà essere portata alla luce.
La metafisica
La definizione di metafisica qui adottata comprende, da un lato, le due branche stabilite da Aristotele, fondatore della scienza (conoscenza per cause) e della scientificità (Aristotele è anche il fondatore della logica, cioè delle condizioni di correttezza del discorso razionale) e, dall’altro, l’accesso a un “al di là dell’essere”, come stabilito da Platone distinguendo ragione e intelligenza.
LE DUE BRANCHE DELLA METAFISICA STABILITE DA ARISTOTELE.
Questi due rami sono:
- L’essere in quanto essere; cioè lo studio dell’essere o dei principi ultimi delle sostanze, che in epoca moderna (Clauberg, 1622-1665) si chiama ontologia (etimologicamente, scienza dell’essere);
- l’essere primo; cioè lo studio del “Primo Movente” o “Movente Immobile”, che Aristotele chiama “teologia” (scienza di Dio).
Non ci si può sbagliare su questa “teologia”. La scienza è conoscenza attraverso le cause e, dopo essere risaliti da cause seconde a una prima causa necessaria o causa delle cause, si tratta di studiarla. Oggi, una metafisica completa comprende necessariamente queste due branche. La fisica, in virtù della sua moderna costituzione scientifica, si occupa di tutto ciò che esiste, dall’atomo alle stelle, ma si rifiuta legittimamente di considerare la causa finale o ciò che dà origine all’esistenza.
LA POSSIBILITÀ METAFISICA STABILITA DA PLATONE.
Fin da Platone – e fino ai giorni nostri – si distingue tra dianoia: la ragione discorsiva con le sue costruzioni ipotetico-deduttive, e noèsis: l’intelletto e la sua intuizione diretta. Questa intuizione è quella del senso; l’intelletto è l’istanza del senso, ma non lo crea. Il senso – e la conoscenza sono la stessa cosa – è ingestibile (Jean Borella). Da un lato, non possiamo forzarci a capire ciò che non capiamo (Simone Weil, George Moore); dall’altro, conosciamo solo attraverso la reminiscenza (Platone); in altre parole, se il senso viene recepito, è perché abbiamo un recettore adatto. Questo recettore è l’intelletto. Il suo potere sta nel fatto che non proviene dall’uomo, ma “entra dalla porta” o “dall’esterno” (Aristotele). Questo spiega perché “speculazione” deriva da “specchio” (speculum in latino); l’intelletto riflette le Idee (Borella).
Una metafisica integrale comprende necessariamente questi tre elementi: i due oggetti di studio (l’Essere e l’Essere primo) e l’accesso al “mondo” del significato (il platonico “mondo delle Idee”), senza il quale i calcoli e i ragionamenti effettuati dalla ragione non avrebbero alcun senso. Questo è l’approccio adottato in questa sede.
Sviluppo sostenibile
Un’epopea lodevole…
Sviluppo sostenibile! Questo quasi-ossimoro è un impossibile gioco di equilibri: la capra è lo sviluppo economico e il cavolo l’ambiente, o più precisamente l’ecosistema terrestre, la cui governance è divisa tra 197 Paesi con interessi divergenti (tra cui, nel 2022, 21 Paesi cosiddetti “democratici”)4.
Ciononostante, fa parte dello Zeitgeist da oltre mezzo secolo:
- La creazione del Club di Roma, all’interno dell’OCSE, nel 1968, aveva lo scopo di affrontare i “problemi della società moderna” e un’incombente “crisi globale”.5.
- I Vertici della Terra, organizzati ogni dieci anni dai leader mondiali sotto l’egida delle Nazioni Unite, hanno lo scopo di definire le modalità per stimolare il rispetto dell’ambiente a livello globale; il primo, nel 1972, ha coinciso con il Rapporto Meadows del Club di Roma.
- Sembra che l’IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura) abbia menzionato il termine “sviluppo sostenibile” per la prima volta (ufficialmente) nel 1980.
- In un rapporto della Commissione delle Nazioni Unite per l’Ambiente e lo Sviluppo6: “Our Common Future”, lo sviluppo sostenibile viene infine definito come segue:
Uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni.
- Le conclusioni di questo rapporto sono state discusse al Vertice della Terra di Rio de Janeiro nel 1992.
- In Francia, nel 2005 è stata inserita nella Costituzione una Carta per l’Ambiente (1789: diritti civili, 1946: diritti economici e sociali, 2005: diritti all’ambiente) e il Forum Grenelle per l’Ambiente alla fine del 2007 ha impegnato 3,5 milioni di euro dei 4,5 milioni di euro stanziati (bilancio statale per il periodo 2009-2011).
- I risultati dell’Accordo di Parigi, concluso alla COP7 21 nel dicembre 2015 e ratificato da 191 Paesi, riconoscono che, nonostante tutti i nostri sforzi, alcuni cambiamenti climatici sono considerati inevitabili.
- Nell’immediato calendario internazionale sul clima, la COP27 si è tenuta a Sharm el-Sheikh (Egitto) nel novembre 2022, facendo “da anello di congiunzione tra la COP26 di Glasgow (2021, Regno Unito), che ha finalizzato le regole per l’attuazione dell’Accordo di Parigi, e la COP28 di Dubai (2023, Emirati Arabi Uniti), che redigerà una prima valutazione globale dell’azione per il clima”8.
… ma impossibile da realizzare.
Sicuramente a causa degli interessi divergenti dei Paesi del mondo e dell’assenza di una governance globale, è quasi certo che le uniche misure che rimarranno all’ordine del giorno delle prossime COP saranno quelle di adattamento ai cambiamenti climatici e all’aumento delle catastrofi.
Questo perché il bilancio è piuttosto fosco, sia dal lato della capra che da quello del cavolo.
LA CAPRA O L’ECONOMIA.
Senza entrare troppo nei dettagli, notiamo che gli scambi monetari (borse, ecc.) sono ormai cento volte il PIL della Terra e che il 2 agosto 2023 è stato il giorno in cui quest’anno “abbiamo consumato tutte le risorse che il nostro pianeta può rigenerare in un anno”9 e che la responsabilità delle aziende (statali o private) è molto lontana dall’essere stabilita.
CAVOLO O DELL’ECOSISTEMA TERRESTRE.
Il riscaldamento globale continua, con “il decennio più caldo tra il 2011 e il 2020 da circa 125.000 anni” e “una concentrazione di CO2 nell’atmosfera che non si vedeva da 2 milioni di anni, che raggiungerà +1,5°C all’inizio degli anni 2030″10 – cioè domani!
Le emissioni di gas serra (CO2, metano) continuano ad aumentare.
“Le politiche in atto alla fine del 2022 porterebbero a un riscaldamento globale compreso tra 2,4 e 3,5°C entro la fine del secolo (… ) con un valore mediano di 3,2°C”. La vulnerabilità degli ecosistemi e delle popolazioni è in aumento” (accesso all’acqua e al cibo, salute, malattie trasmesse da vettori, aumento della mortalità, crisi umanitarie, in particolare in Asia).
“Tra il 2010 e il 2020, la mortalità dovuta a inondazioni, siccità e tempeste è stata 15 volte superiore nei Paesi altamente vulnerabili rispetto a quelli meno vulnerabili”11.
Di fronte all’esaurimento delle risorse naturali, al degrado delle aree naturali, all’inquinamento dell’aria e dell’acqua, all’insalubrità… tutti problemi legati all’azione sconsiderata dell’uomo sul suo ambiente naturale, le idee di soluzione, per quanto essenziali, sembrano molto timide: economia circolare per una crescita verde, protezione della biodiversità, riduzione del consumo energetico, uso di energie rinnovabili, migliore gestione delle risorse (acqua potabile, ciclo di vita dei prodotti, trattamento dei rifiuti, riciclaggio…).
La rivoluzione industriale ha instaurato una società del consumo e dello spreco, e solo un cambio di paradigma potrebbe risolvere la situazione: “La ricerca del profitto non deve essere perseguita a costo del degrado ambientale”12, quindi non ci resta che cambiare, e favorire il cavolo piuttosto che la capra!
Etica ambientale
Un cambiamento di paradigma non può essere istantaneo, non può essere decretato! Perché si fanno tanti sforzi inutili? Perché è nella natura umana ispirarsi alle cause perse (ONG, “restos du cœur” e altre organizzazioni caritatevoli…) ed essere sollevati dal senso di colpa: è il solito “almeno ci ho provato”.
Inoltre, non si tratta di salvare il pianeta: ne ha passate tante negli ultimi quattro miliardi e mezzo di anni13. D’altra parte, è la vita umana che è in pericolo, ed è questo che ci motiva. È una questione di correttezza politica: non c’è cinismo né incapacità! È anche una questione etica, ma quale?
Etica.
Dal greco êthos (luogo di vita, abitudini, maniere…), l’etica – o filosofia morale – formula prescrizioni relative a uno standard collettivo di bene. Prescrittiva, l’etica stabilisce delle regole (che possono variare da una società all’altra), ma che sono ben distinte da quelle stabilite dalla legge. Per esempio, la prostituzione, l’eutanasia o lo sfruttamento dei bambini possono essere legali, ma non necessariamente etici; al contrario, l’accoglienza dei rifugiati o l’aborto possono essere illegali, ma eventualmente etici 14.
Storicamente, l’etica è stata fondata sulla virtù (da virtus: “virtuosità” e associata alla saggezza) e sul dovere verso la natura umana al suo livello più alto (Antichità). Heidegger (1889-1976) arrivò a equiparare questa natura umana all’essere stesso, facendo dell’etica la “verità dell’Essere”15.
Oggi l’etica, che in passato aveva una portata universale, rispetto alla morale (regole locali per una determinata epoca), si è ridotta a una pratica basata sull’argomentazione e sul consenso (etica deontologica, per esempio), che del resto non era assente in Socrate.16
Ideologie o principi
Come si vede, l’etica, che richiederebbe dei fondamenti – siano essi una teologia morale o, per lo meno, un’antropologia filosofica – è stata ridotta a un pragmatismo17. Questo pragmatismo non è privo di interesse pratico (necessari cambiamenti nella legislazione), ma l’etica corre il rischio di confondere ideologie e principi.
Qualsiasi ideologia serve come fondamento teorico e giustificazione emotiva di una pratica sociale, politica, economica, estetica, etica o di altro tipo. Fornisce il nutrimento ideo-psichico di cui ha bisogno per affermarsi. Queste sono le “vere mitologie del mondo moderno”18).
Le ideologie invertono il rapporto tra teoria e pratica; si presentano come “principi nobili”, cercando semplicemente di giustificare pratiche che variano a seconda dei bisogni o dei desideri. Eppure sono i principi che devono governare le pratiche (cfr. Jean Borella19).
Etica ambientale.
FILOSOFIA NATURALE.
Per collocare l’etica ambientale, dobbiamo ripartire dalla filosofia naturale, inaugurata da Aristotele e che nel Medioevo sarebbe diventata il corpo delle “scienze naturali” (astronomia, fisica, chimica e biologia).
Come sappiamo, è stato nel XVII secolo che queste scienze hanno abbandonato il loro status “razionale” (o teorico) per diventare “scientifiche” in senso moderno (cfr. in particolare il metodo sperimentale e l’empirismo di Francis Bacon, 1561-1626).
Risorta nel XIX secolo sulla scia della “deriva” atea dell’evoluzionismo, e senza essere stata in alcun modo assimilata dalle scienze naturali o dall’epistemologia (filosofica), la filosofia naturale ha riacquistato tutti i suoi diritti fino ai giorni nostri, in particolare con il Cercle International de Philosophie de la Nature20), le cui aree di ricerca sono ambiziose e legittime21.
A scanso di equivoci, parliamo della Naturphilosophie (letteralmente “filosofia della natura”). Si tratta di una corrente di pensiero, essenzialmente tedesca22, che si è sviluppata dalla metà del XVII alla metà del XIX secolo, istituendo una “scienza romantica della natura” (Gilles Marmasse), risalendo alla Physica sacra (Antoine Faivre) e volendo proporre una spiegazione metafisica di una “totalità vivente”23, in contrapposizione alle scienze specialistiche che distinguono livelli irriducibili di oggettività.
FILOSOFIA AMBIENTALE
Con un campo di applicazione limitato alla nozione di ambiente, questa branca della filosofia comprende diverse discipline, tra cui l’etica ambientale. Esistono anche discipline correlate come l’ecofemminismo e l’ecoteologia. L’ecoteologia studia i legami tra religione e comportamento nei confronti della natura e sostiene in particolare che il cristianesimo, avendo posto l’uomo al vertice della piramide degli esseri viventi, ha portato con sé un modello di dominio dell’uomo sulla natura che ha portato al degrado dell’ambiente e all’attuale crisi ecologica24. Torneremo su questo argomento.
ETICA DI AMBIENTE
Sono state sviluppate numerose etiche legate all’ambiente; accenniamo, molto brevemente25 e con uno solo dei loro rappresentanti:
- l’etica dell’ecologia profonda (Arn Haess, centrata sul vivente e sull’uguaglianza degli esseri viventi),
- etica della terra (Aldo Léopold, comunità di vita e solidarietà),
- ecologia sociale (Murray Bookchin, società politica basata sulla natura),
- ecofemminismo (Françoise D’Eaubonne, uguaglianza tra uomini e donne e condivisione con tutte le forme di vita),
- etica della giustizia ambientale (Charles A. Bowers, condivisione del potere socio-ecologico),
- etica eco-socialista (André Gorz, ambiente vitale condiviso da tutti gli esseri viventi, equità),
- etica ambientale critica (John Fien, un incrocio tra etica gaiana 26 ed etica eco-socialista),
- etica della responsabilità/futuro (Hans Jonas, solidarietà tra generazioni),
- eco-cittadinanza (Joël de Rosney, attuazione attraverso la partecipazione democratica),
- etica della sostenibilità (ONU, UNESCO, qualità della vita della specie umana e solidarietà intergenerazionale),
Come si vede, le riflessioni, spesso solide, sono numerose, ma disperse e spesso divergenti; inoltre, più si sviluppano, più il consenso sembra irraggiungibile. In positivo, i due concetti di considerazione di tutte le forme di vita e di solidarietà con le generazioni future sembrano essere i più essenziali. Quanto alle idee, piuttosto politiche, di una più ampia partecipazione al potere, non sembrano in grado di contribuire direttamente e rapidamente a un cambiamento della governance globale in termini ambientali.
ETICA AMBIENTALE
Questo tipo di etica si è sviluppata essenzialmente negli Stati Uniti 27, Australia-Nuova Zelanda e Norvegia nel corso del XX secolo, e consiste fondamentalmente nel conferire diritti morali agli esseri viventi senzienti (patocentrismo), a tutti gli esseri viventi (biocentrismo) e al pianeta (ecocentrismo)28.
Vista dal mondo latino, l’etica ambientale assume un aspetto “sentimentale”, con lontane origini in Rousseau, poi, più recentemente, in Thoreau (1817-1862), e persino in Leopold (1887-1948), e solleva questioni che possono scontrarsi con le nozioni fondamentali dell’etica. In particolare, le nozioni di “rispetto” e “responsabilità”29.
“Rispettare la natura” è certamente una proposta che, a parte l’industria fino ad oggi, tutti sono propensi ad adottare. Tuttavia, se consideriamo tutte le specie viventi (e anche la materia inerte) sullo stesso piano, la nozione di rispetto diventa problematica.
Filosoficamente, si basa sull’uomo, che può essere un animale, ma è razionale. È questa razionalità che gli permette di mirare a un bene più grande dei suoi desideri primordiali; è questa razionalità che lo rende un essere morale, cioè uno che obbedisce alla legge morale stabilita dalla ragione. Il rispetto consiste quindi nel comportarsi moralmente nei confronti di chi può comportarsi moralmente nei nostri confronti. Naturalmente, ciò non significa negare alle altre specie il diritto di vivere, ma il “rispetto” di questa etica ambientale è infondato – e infondabile.
L'”assunzione di responsabilità” (eco-responsabilità, in questo caso) pone un altro problema. Ancora una volta, libertà e responsabilità, per le quali non c’è più bisogno di fare il collegamento, sono uniche dell’uomo (un pazzo, un bambino o un animale non sono responsabili). Dobbiamo quindi riconoscere il valore intrinseco delle specie non umane, o addirittura dare loro uno status giuridico? Anche in questo caso, esistono soluzioni più semplici. Per seguire Catherine Larrère30, per quanto sia impossibile dotare le specie viventi di valori intrinseci uguali o determinati a priori, quando, a seconda dello scenario, si dovrà stabilire una gerarchia in un modo o nell’altro, la soluzione risiede nella nozione di relazione, e persino nell’intera rete di relazioni intessute con gli esseri viventi.
Occorre fare un’altra precisazione: non si tratta di mantenere uno stato di relazioni armoniose, ma di essere parte di un sistema in evoluzione. In questo modo, possiamo integrare Leopold, che scriveva :
Qualcosa è giusto quando tende a preservare l’integrità, la stabilità e la bellezza della comunità biotica. È ingiusta quando tende nella direzione opposta”31.
attraverso un rafforzamento positivo delle relazioni che legano l’uomo al resto del mondo vivente in un rapporto dinamico con la natura e la sua diversità.
Infine, l’etica ambientale rinuncia alla centralità dell’essere umano (antropocentrismo), anche se sembra ineluttabile che questa sia legata allo status dell’essere umano nel mondo: gli animali hanno certamente un Umwelt (ambiente), ma solo l’uomo ha la capacità di “pensare il mondo”.
Quindi, al contrario, sembra più giusto partire dall’uomo e lavorare verso la natura, piuttosto che il contrario. A parte le ideologie, la dignità umana non è più una conseguenza, ma diventa il principio.
Si passa quindi da un’etica ambientale a una filosofia sociale della natura, denunciando “gli stretti legami tra lo sfruttamento della natura e lo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo”:
È liberandoci da questa ideologia della produttività, del consumismo e della tecnologia, che aumenta le disuguaglianze mentre degrada l’ambiente, che possiamo allo stesso tempo raggiungere la dignità umana e il rispetto dell’equilibrio naturale32.
L’etica dello sviluppo sostenibile
Si tratta di un’etica antropocentrica, basata sul fatto che l’essere umano è il centro della morale.
L’essere umano (in quanto ragionevole, libero e consapevole di esserlo) è considerato come fine in sé: il campo della morale e quello dell’umanità sono coestensivi33.
Da qui scaturiscono i principi a lungo elencati da José Prades, in particolare i principi di responsabilità, solidarietà e sana gestione:
- Per la loro centralità morale, gli esseri umani hanno “la responsabilità di salvaguardare e sviluppare la vita sul pianeta”,
- I doveri essenziali degli esseri umani sono l’autonomia, la solidarietà e la gestione del mondo,
- Con l’obiettivo di far progredire l’umanità, gli esseri umani devono “gestire il loro rapporto con il mondo come buoni amministratori”,
- Il principio dello sviluppo sostenibile deve “orientare il dovere e l’ideale della gestione umana del pianeta”34.
Tuttavia, la diversità dei punti di vista attuali e l’assenza di una società planetaria all’interno della quale sarebbe necessario un consenso sembrano significare che dobbiamo aspettare che la consapevolezza fiorisca in tutto il pianeta. In realtà, esistono quattro tipi di consapevolezza:
- una coscienza antropologica, cioè quella dell’unità umana nella sua diversità (uomini-donne, colori della pelle, ecc.),
- una coscienza ecologica: l’ambito di vita comune,
- una coscienza civica, cioè la solidarietà e la responsabilità umana nei confronti degli altri e della Terra,
- una consapevolezza spirituale della condizione umana35.
Con questa “consapevolezza spirituale”, ritroviamo, come minimo, la dimensione “teologica” di una causa prima scientificamente stabilita da Aristotele, causa prima che è necessariamente legata a una causa finale (una finalità), anche se quest’ultima resta da determinare e specificare.
Possiamo vedere che l’eccezionalismo umano, la dignità della nascita umana, corrisponde a un umanesimo integrale; in altre parole, la semplice ricerca della felicità, che è sempre stata data in ogni cultura come fine dell’umanità terrena, è incompatibile con “l’alienazione, lo sfruttamento e il dominio dell’uomo da parte dell’uomo (…) intrinsecamente legato al dominio della natura da un atteggiamento tecnico non regolato dall’etica” (Clara Ruault, op. cit.).
Un’ecologia integrale, fondata sulla dignità umana, risponde direttamente al “grido della terra e al grido dei poveri”; “tutto è collegato, e l’autentica protezione della nostra vita e del nostro rapporto con la natura è inseparabile dalla fraternità”36.
Teologia dell’ecologia
Più che di teologia in senso stretto, si tratta, dopo aver ricordato una controversia sull’interpretazione di un testo biblico, di elencare altri testi giudeo-cristiani e di integrarli con la posizione della Chiesa cattolica, attraverso le dichiarazioni papali a partire dagli anni Settanta, quando l’allarme fu lanciato dal Club di Roma.
Se, anche di recente, c’è stata una controversia su un testo biblico, è perché la nostra civiltà ha ancora le sue radici giudaico-cristiane. Lo vediamo nell’evoluzione dei termini: carità (difesa dallo stesso Voltaire), poi fraternità (delle costituzioni) e l’attuale modernista “vivere insieme”. I cambiamenti nel vocabolario sono gli alberi che nascondono la foresta.
Quindi, ripudiare a tutti i costi questa terza parte dell’uomo, che tuttavia è rimasta corpo-psiche-spirito in tutto il mondo, significherebbe non dimostrare né la necessaria intelligenza né l’indispensabile consenso in materia di ecologia. La proposta di Papa Francesco dovrebbe quindi essere pertinente:
Se cerchiamo veramente di costruire un’ecologia che ci permetta di ripristinare tutto ciò che abbiamo distrutto, allora nessun ramo della scienza e nessuna forma di saggezza possono essere lasciati da parte, e nemmeno la saggezza religiosa, con il suo proprio linguaggio.37
Ambiguità, interpretazione e controversia
Lynn White Jr è stato citato per aver messo in discussione il cristianesimo e l’uomo “a immagine di Dio” come se avesse il diritto di distruggere la natura38! Niente di più lontano dalla verità, e una risposta gli fu data a suo tempo39, denunciando invece pensatori come Bacone e Cartesio. Cartesio è stato criticato per la frase “per renderci come padroni e possessori della natura”40, con questa attenuazione del “come” che è stata interpretata per risparmiare la sensibilità teologica (Dio è l’unico Padrone), ma senza rendersi conto che, nel contesto, non si tratta di dominio, ma di padronanza – proprio come parliamo di padroni-artigiani, senza dimenticare che in latino dominus è sia il proprietario che il responsabile41.
Per quanto la Bibbia possa essere ambigua e il cristianesimo possa essere stato interpretato in modo unilaterale, è chiaro che, nell’era moderna, è lo sviluppo della scienza che ha portato a “un allontanamento del legame spirituale o emotivo che legava l’uomo alla natura”. L’uomo si è creduto “al di fuori della natura” e, a quanto pare, “non si è ancora trovato un rapporto che non sia basato sul dominio o sulla venerazione sfrenata”42.
Se scienza e religione hanno entrambe contribuito all’antropocentrismo (oggi ancora l’opzione più convincente), è innegabile che, durante l’ascesa moderna della scienza e l’avvento delle tecniche di sfruttamento, il cristianesimo non ha mai smesso di agire come un freno a questa deleteria supremazia.
Testi, interpretazioni ed esortazioni attuali
TESTI BIBLICI
Con testi che si sono un po’ persi di vista e frasi che il più delle volte vengono estrapolate dal contesto, abbiamo pensato che sarebbe stato utile riunire qui alcuni testi eloquenti, a partire, naturalmente, dalla famosa Genesi.
(27) Dio creò l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò.
(28) Dio li benedisse e disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela. Siate padroni dei pesci del mare, degli uccelli del cielo e di ogni essere vivente che si muove sulla terra” (Gen I, 27-28).
A questo punto è necessario fare due considerazioni:
- La prima è che il testo specifica immediatamente, se non l’esistenza di un ecosistema, almeno che è prevista una catena alimentare per gli esseri viventi:
A ogni animale della terra, a ogni uccello del cielo, a tutto ciò che si muove sulla terra e ha il respiro della vita, io do ogni erba verde come cibo”. E così fu (Gen I, 30).
- La seconda è che, dopo aver esaminato le occorrenze bibliche dei termini “siate fecondi” e “moltiplicatevi”, essi appaiono solo in situazioni iniziali precarie, in cui la sopravvivenza dipende da loro: alla creazione (Gen I, 28), in Egitto (Es I, 5), al nuovo inizio, dopo il diluvio, con Noè (Gen IX, 1)…43.
Il motore immobile di Aristotele è qui chiamato Dio. Non solo il mondo non è il risultato del caos o del caso, ma è il frutto di una parola creatrice, di una decisione: c’è una scelta liberamente espressa. A questo si aggiunge, nel cristianesimo, il fatto che l’universo non è il prodotto di un’onnipotenza arbitraria o di un desiderio di autoaffermazione, ma è dell’ordine dell’amore. Il Creatore è “bontà senza misura” (San Basilio Magno, Hom. in Hexaemeron, 1, 2, 10: PG 29, 9), l'”amore che muove il sole e le stelle”. Egli ama
non hai disgusto per nulla di ciò che hai fatto; perché se avessi odiato qualcosa, non l’avresti fatta” (Sap XI, 24).
La “dignità infinita” dell’uomo44 deriva dalla sua creazione per amore, “a immagine e somiglianza di Dio” (Gen I, 26): “prima ancora di formarti nel grembo materno, ti conoscevo” (Gen I, 5). La sua missione, quindi, può essere quella di “soggiogare la terra”, ma è quella di “coltivarla e custodirla” (Gen II, 15), perché essa rimane di Dio: “la terra è del Signore” (Sal XXIV, 1), “la terra e tutto ciò che contiene gli appartiene” (Dt X, 14), “la terra mi appartiene e voi non siete che forestieri e soggiornanti presso di me” (Lev XXV, 23).
La responsabilità nei confronti degli altri esseri viventi è chiara: “Se vedrai l’asino o il bue di tuo fratello cadere lungo la strada, non ti allontanerai […]. Se durante il cammino incontrerai un nido con pulcini o uova, su un albero o per terra, e la madre è sdraiata sui pulcini o sulle uova, non toglierai la madre dai piccoli” (Deut. XXII, 4.6). Anche il riposo del settimo giorno è prescritto “perché il tuo asino e il tuo bue si riposino” (Es. XXIII, 12).
Gli altri esseri viventi hanno un valore proprio davanti a Dio: “con la loro semplice esistenza lo benedicono e gli danno gloria”45. Così, “ogni creatura possiede la propria bontà e perfezione [… e riflette] ciascuna a suo modo, un raggio dell’infinita sapienza e bontà di Dio. È per questo che l’uomo deve rispettare la bontà propria di ogni creatura per evitare un uso disordinato delle cose”46.
Per quanto riguarda le piante, notiamo l’anno sabbatico istituito per Israele e la sua terra, ogni sette anni (Lev XXV, 1-4), il riposo completo, seminando o raccogliendo solo l’essenziale (sostentamento e ospitalità) (Lev XXV, 4-6) e la ridistribuzione della terra ogni quarantanove anni (Lev XXV, 10). Senza dimenticare la parte del povero:
Quando mieterete il raccolto della vostra terra, non mieterete fino all’estremità del campo. Non raccoglierai il tuo raccolto, non coglierai la tua vigna e non raccoglierai i frutti caduti nel tuo frutteto. Li lascerai per i poveri e per il forestiero (Lev XIX, 9-10).
Potremmo lasciare l’ultima parola a Papa Francesco:
Non possiamo avere una spiritualità che dimentichi il Dio onnipotente e creatore. Altrimenti, finiremmo per adorare altre potenze del mondo, o ci sostituiremmo al Signore fino a pretendere di calpestare la realtà da lui creata, senza conoscere limiti47.
ANTROPOCENTRISMO
Nel suo Libro delle opere divine, santa Ildegarda di Bingen ne offre un’esposizione convincente. Il punto di partenza è che l’uomo, “specchio di Dio, è il completamento della creazione”.
Nella forma dell’uomo, Dio ha registrato la totalità della sua opera.
L’uomo contiene in sé il cielo e la terra e le altre cose create, eppure è un’unica forma: in lui è tutto nascosto.
Naturalmente, se l’uomo ricapitola la Creazione, se è “una goccia d’acqua attraversata dalle forme del mondo”, “tutto è (certamente) registrato nella forma umana, ma è senza perfezione”, perché solo Cristo realizza l’Uomo perfetto.
Nella misura in cui l’uomo è il centro, condivide la stessa struttura con tutte le altre creature:
Dio ha consegnato tutte le creature all’uomo. L’uomo, nella struttura del mondo, è, per così dire, al centro. Ha più potere delle altre creature, che tuttavia rimangono all’interno della stessa struttura. Infatti, se è piccolo di statura, è grande nelle energie della sua anima.
Con la testa sollevata e i piedi ben piantati, è in grado di muovere gli elementi superiori e quelli inferiori.
L’uomo interiore contempla le creature che lo circondano con gli occhi della carne, ma attraverso la fede vede Dio. L’uomo lo riconosce in ogni creatura, perché ne percepisce il Creatore.48
Tuttavia, questa dignità dell’uomo è soprattutto una responsabilità nei confronti di tutti gli esseri affidati alle sue cure:
Ma questa dignità è una responsabilità: “Dio ha affidato all’uomo tutte le creature perché le penetri con la sua forza umana, perché le studi e le conosca. L’uomo, infatti, è in sé tutta la creazione e in lui c’è un soffio di vita che non ha fine”. E questa responsabilità è di ordine spirituale: “Con l’armonia, l’amore dà a ogni cosa la sua giusta misura”49.
LA FIGURA DI SPICCO DELL’ECOLOGIA CRISTIANA
La più grande figura di “ecologista” nella storia della Chiesa cristiana è senza dubbio San Francesco d’Assisi. Francesco d’Assisi, il pellegrino mistico per eccellenza, che vive in armonia con la natura, con gli altri, con se stesso e con Dio, testimoniando “quanto la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore siano inseparabili”50.
Per quanto riguarda la caduta :
(17) … la terra sarà maledetta a causa tua. Con grande fatica ne trarrete il cibo per tutti i giorni della vostra vita. (18) Vi darà spine e rovi, e voi mangerete l’erba dei campi. (19) Con il sudore del tuo volto mangerai il pane, finché non tornerai alla terra da cui sei stato tratto; perché tu sei polvere e in polvere tornerai…. (Gn III, 17-19).
L’armonia vissuta da San Francesco d’Assisi: “chiamava le creature, per quanto piccole, con il nome di fratello o sorella”51, è stato interpretato dal suo discepolo, San Bonaventura, come una “riconciliazione universale con tutte le creature”, un ritorno allo “stato di innocenza” prima della caduta 52.
Papa Francesco dice di aver scelto questo nome “come guida e ispirazione”, essendo San Francesco d’Assisi “l’esempio per eccellenza della protezione dei deboli e di un’ecologia integrale”53.
ESORTAZIONI PAPALI
Già negli anni Settanta, Paolo VI avvertiva che “con uno sfruttamento sconsiderato della natura [gli esseri umani] corrono il rischio di distruggerla e di diventare a loro volta vittime di questa degradazione”54. Il progresso sociale e morale è ineluttabile:
I più straordinari progressi scientifici, le più stupefacenti imprese tecniche, le più prodigiose crescite economiche, se non sono accompagnate da un autentico progresso sociale e morale, finiscono per ritorcersi contro l’uomo55.
Negli anni ’80, Papa Giovanni Paolo II parlò di ecosistemi: “tenendo conto della natura di ogni essere e dei suoi legami reciproci in un sistema ordinato”((Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Sollicitudo rei socialis (30 dicembre 1987), n. 34: AAS 80 (1988), 559; Laudato Si’, §5.) e ci ricorda che “la capacità dell’essere umano di trasformare la realtà deve essere sviluppata sulla base del dono delle cose fatto da Dio all’inizio”56.
Nel 2011, Benedetto XVI dovrà ancora ricordarci la parte naturale dell’uomo:
Dimentichiamo che “l’uomo non è semplicemente una libertà autocreata. L’uomo non si crea da solo. È spirito e volontà, ma è anche natura57.
Vale la pena ricordare qui, dopo Papa Francesco, l’esortazione del 2012 del Patriarca ecumenico Bartolomeo che chiede a tutti di riconoscere i propri danni ecologici:
nella misura in cui tutti noi causiamo piccoli danni ecologici, (siamo chiamati a riconoscere) il nostro contributo – piccolo o grande – alla deturpazione e alla distruzione del creato.58
Naturalmente qui si parla di peccato, ma anche di liberarsi dall’avidità e dalla dipendenza:
Che gli uomini degradino l’integrità della terra causando cambiamenti climatici, spogliando la terra delle sue foreste naturali o distruggendo le sue zone umide; che gli uomini danneggino i loro simili attraverso le malattie, contaminando l’acqua, il suolo, l’aria e l’ambiente con sostanze inquinanti, tutti questi sono peccati. (…) Un crimine contro la natura è un crimine contro noi stessi e un peccato contro Dio59.
(Dobbiamo liberarci) dalla paura, dall’avidità, dalla dipendenza60.
Sebbene possa esserci stata qualche ambiguità nell’interpretazione dei testi biblici, queste citazioni eliminano ogni dubbio sulla posizione della Chiesa cattolica.
Possiamo ora citare il recente richiamo di Papa Francesco nella sua Esortazione apostolica Laudato Deum61 sulla crisi climatica e i suoi effetti “nei settori della salute, dell’occupazione, dell’accesso alle risorse, dell’alloggio, delle migrazioni forzate, ecc.” (§2), cioè che “si tratta di un problema sociale globale che è intimamente legato alla dignità della vita umana” (§3).
Dato lo squilibrio globale tra gli esseri umani, la conclusione non sorprende:
Accettiamo finalmente che si tratta di un problema umano e sociale dalle molteplici sfaccettature” (§58) e che “un cambiamento diffuso dello stile di vita irresponsabile del modello occidentale avrebbe un impatto significativo a lungo termine” (§72).
Verso una metafisica dell’ecologia
La religione non è più in voga, soprattutto in Francia, ma la teologia – che era “laica” al momento della sua fondazione da parte di Aristotele – esprime comunque una metafisica e il “linguaggio cristiano” permette addirittura di sviluppare la metafisica in ambiti in cui non sarebbe arrivata da sola. Basti pensare alla Trinità, che converte le persone in relazioni (Padre, Figlio) e la relazione d’amore in una persona (Spirito Santo)! Può far sorridere, ma passare da una metafisica dell’essere a una metafisica della relazione non è forse uno dei fondamenti più essenziali di un’etica dello sviluppo sostenibile?
In questa sede, cercheremo di attenerci a una metafisica “laica”, anche se sarebbe impossibile ignorare la tripartizione antropologica di corpo, mente e spirito, anche se ciò significa fare dello spirituale, come fanno alcuni moderni, una semplice aspirazione all’immutabilità e all’atemporalità.
Gli elementi metafisici che seguono, riguardanti il mondo, l’uomo, la natura e la società, ci sembrano in grado di ottenere un consenso tra i ricercatori costruttivi di un’etica dello sviluppo sostenibile.
Il mondo
a. Mentre gli animali (e le piante) si evolvono in un Umwelt (un ambiente), solo l’uomo ha il libero arbitrio e il pensiero riflessivo che gli permettono di pensare il mondo. Il mondo è quindi chiaramente antropico e la centralità dell’uomo è inconfutabile.
b. La scienza, conoscenza per cause, fa riferimento a una causa prima, a una sorgente, a un “primo motore immobile”, secondo il fondatore della scienza Aristotele, ma questa causa, per costituzione, esula dall’ambito della fisica, che non può studiare ciò che precede l’esistenza fisica dell’universo62.
Nota: non per niente “cosa” deriva dal latino causa (causa, ragione, motivo) a cui si riferisce, mentre rem (da res, la cosa) ha dato “nulla” (“rien” in francese)! Le cose sono nulla rispetto all’essere o alla causa che le sottende.
c. Ecco perché, per Platone, ogni cosmologia può essere solo “un mito plausibile” (ton eikota mython) (Timeo 29d). Da un punto di vista metafisico, dobbiamo concordare con Platone sul fatto che il mondo è “necessariamente immagine [simbolo] di qualcosa” (Timeo, 29b).
Questo perché, data l’esistenza accertata di una “causa ultima”, ogni realtà fisica è necessariamente il simbolo di una realtà metafisica; c’è un legame ontologico tra loro. La concezione dell’universo “deriva per illustrazione sensibile da ciò che, in sé, è invisibile e trascendente”. È “nella sua stessa sostanza” che il mondo “è dotato di una funzione ‘iconica’” (Jean Borella, La crise du symbolisme religieux, p. 41).
Se, per Platone, “la nostra scienza della natura rimane ipotetica, non per la debolezza della nostra intelligenza, ma per la mancanza di realtà dell’oggetto da conoscere. Di conseguenza, l’unica conoscenza adeguata a un essere inefficiente è quella simbolica, perché pone innanzitutto il suo oggetto per quello che è, un simbolo, ma un simbolo reale, cioè un’immagine che partecipa ontologicamente al suo modello” (Ibidem. “In altre parole, il geometrismo ipotetico della cosmologia platonica è bilanciato dal suo realismo simbolista. Il platonismo non è idealismo in nessun grado” (ibidem).
d. Il nome che diamo a questa Causa delle cause può anche variare, ma l’esistenza di un’origine, al di là dell’essere che osserviamo, e necessariamente ricca di tutte le qualità esistenziali, è inconfutabile. Per esempio: “la causa prima della causa” (Archaetetus), il “Principio universale” (Philólaos), la “Causa prima” o il “primo motore immobile” (Aristotele), il “Bene unico” (Platone, Plotino) o, più recentemente, il “Principio Primo” o l'”Infinito” (Cartesio), l'”ultima ragione delle cose” (Leibniz), l’Assoluto, l’Onnipotenza, il Non-Essere (Guénon), il Super-Essere (Schuon), la Realtà Ultima (Chenique), ecc. e naturalmente Dio (religioni), che è una “parolaccia” solo per una piccola parte degli abitanti della Terra.
Questa fonte, poiché l’essere proviene da essa, è necessariamente “al di là dell’essere”. La fisica può anche occuparsi solo di ciò che esiste, ma spesso si scontra con l’ontologico, e quindi con il surontologico, il doppio campo della metafisica63.
La conseguenza in termini di ecologia è che il mondo è un dono, un dato o, per lo meno, un ricevuto.
La conseguenza in termini di etica ecologica è una sorta di riconoscimento di ciò che è stato ricevuto e un rispetto per il mondo.
L’essere umano
Se non esiste una natura umana in sé, è perché l’uomo, in parte, trascende la natura. Nell’antichità e nel Medioevo si parlava dell’uomo come di un microcosmo (un piccolo universo) all’interno di un macrocosmo, ma che riassume l’intero universo64.
Più precisamente, l’uomo è doppiamente parte della natura, al suo interno (immanente) e allo stesso tempo al di sopra di essa (trascendente).
È la sua supernatura coestensiva che lo libera dalla responsabilità nei confronti della natura.
Certo, ne diventa massicciamente consapevole quando la sua vita è in pericolo (e non quella della terra), ma questa è sempre stata la responsabilità delle società tradizionali e rimane la responsabilità delle società tradizionali sopravvissute.
Questo perché l’uomo è un animale razionale (Aristotele), un animale libero (Rousseau), che è sinonimo di responsabilità65 (Sartre, in particolare), ma, prima di tutto, è un animale relazionale, nel suo essere soprannaturale verso ciò che gli ha dato l’essere, nel suo essere naturale verso la natura che lo nutre. Aggiungeremmo il suo essere socio-culturale, la dimensione che rende più evidente la sua relazione intrinseca con gli altri.
Così, laddove una metafisica dell’essere fatica a mostrarlo, una metafisica della relazione lo stabilisce direttamente: l’essere è prima di tutto relazionale.
La conseguenza, in termini di ecologia e di etica dell’ecologia, è che spetta all’uomo, nodo e centro di tutte le relazioni, guidare e gestire queste reti di relazioni.
La natura
Derivata dal latino nascor (nascere), “natura” è venuta a significare, in particolare, “il corso delle cose” e “l’universo”, a cui si sono aggiunti i significati della parola greca phusis (fisica) e del verbo phuein (covare), cosicché, nell’antichità e fino agli albori dell’Illuminismo, “natura” aveva un carattere dinamico, vivo, cioè non riducibile alle determinazioni fisico-chimiche della materia: in particolare, un potere intrinseco o immanente di generare.
Nel Medioevo si distingueva tra natura naturans (dal verbo naturare, che significa “produrre effetti naturali”) e natura naturata, che si riferiva all’intera natura “creata”.
Così natura naturans indicava la Natura universale, “una virtù attiva che risiede in qualche grande principio dell’universo”66 o un involucro che ha il potere di influenzare il suo contenuto: “questa grande forza cerca il bene e la conservazione dell’universo, il che richiede l’alternanza di generazione e corruzione nelle cose”67. Per questo, “Dio è chiamato da alcuni “la natura naturante””68. Va sottolineato che nell’Aquinate c’è una simbiosi tra scienza, filosofia e teologia e che, qui, egli distingue esplicitamente, più che tra natura naturans e natura naturata, il “punto di vista della natura in generale, e [il] punto di vista di una natura particolare”69.
Dopo una fase di reificazione (res extensa), anche come metodo della scienza (Cartesio) e della geometrizzazione dello spazio (Galileo, Cartesio…), la nozione di insieme dinamico si ritrova nelle concezioni evoluzionistiche contemporanee, e quella di vita nell’attuale concetto di biosfera.
Tanto che il doppio concetto di natura naturans e naturata sembra ancora ben radicato. Così, mentre il dizionario definisce la natura semplicemente come “il mondo fisico, l’universo, tutte le cose e gli esseri, la realtà”70, le nozioni di ecosistema e biodiversità corrispondono a un complementare “lasciare che (le forze della) natura facciano il loro corso”.
Non dotato di una “natura umana” in sé, come abbiamo detto, l’uomo è, come lo era in relazione al Mondo, sia naturale (della natura) che “soprannaturale” (al di sopra di essa).
La conseguenza in termini di ecologia è che l’uomo, in quanto essere naturale (che vive e genera), deve logicamente preservare la vita naturale che ospita lui e i suoi discendenti.
La conseguenza in termini di etica ecologica è che l’uomo, in virtù della sua “soprannatura”, è nella posizione e nel dovere di farlo.
La società
Anche quando centinaia di milioni di esseri umani sono minacciati (deportazioni climatiche, morti premature per ondate di calore, carestie, ecc.), non emerge una governance globale, perché i rispettivi interessi delle nazioni rimangono così divergenti.
La responsabilità sociale, emersa nel secondo millennio a.C. (Hammurabi), nella Grecia classica e persino nell’era moderna nelle cosiddette democrazie71, non si sta affermando alla velocità necessaria. Questo perché il progetto democratico è essenziale per l’ecologia.72, è quella di una condivisione del potere, una diacrazia quindi((Cfr. La démocratie du futur. Le partage du pouvoir73. Ma si dice che il potere non si dà, si prende, e la storia lo conferma facilmente. È anche consuetudine lasciarsi affascinare da chi parla più forte di te o, naturalmente, essere sottomessi a chi parla più forte di te.
Possiamo prevedere che il pragmatismo delle iniziative individuali o associative, quelle delle imprese private (l’associazione “entreprises pour l’environnement”, per esempio) e di qualche autorità locale, nazionale o regionale, anche se aleatorie, avranno contributi molto più positivi, anche se insufficienti, che aspettare l’avvento di una democrazia globale (diacrazia)!
La conseguenza, in termini ecologici, di questo stato di cose è che, indipendentemente dal tipo di società in cui vive o sopravvive, ogni essere umano, dotato per semplice forza di cose della cittadinanza planetaria, deve agire responsabilmente nei confronti della natura, anche se il suo contributo è insignificante.
La conseguenza in termini di etica ecologica sta nell’evidenza della responsabilità individuale indipendentemente dai risultati collettivi raggiunti.
Note
- Natürliche Schöpfungsgeschichte. Gemeinverständliche wissenschaftliche Vorträge über die Entwickelungslehre im Allgemeinen und diejenige von Darwin, Goethe, und Lamarck im Besonderen… (Berlin: Reimer, 1868) – “Storia naturale della creazione”. Conférences scientifiques de vulgarisation sur la théorie de l’évolution en général et sur celle de Darwin, Goethe et Lamarck en particulier…”[↩]
- cfr. Anne Dalsuet, Philosophie et écologie, Paris: Gallimard, 2010[↩]
- per la cronaca: 3 milioni di esseri umani nel Paleolitico, 900 milioni nel 1800, quasi 8 miliardi oggi[↩]
- secondo The Economist Group, cioè solo il 10% circa[↩]
- Il suo programma attuale è ambizioso e comprende cinque temi: 1. Emergenza planetaria; 2. Riformulare l’economia; 3. Ripensare la finanza; 4. Nuove civiltà emergenti, Pianeta e società civile; 5. Leadership giovanile e dialoghi intergenerazionali; si veda il sito web del Club[↩]
- presieduta dal Primo Ministro del Regno di Norvegia, signora Gro Harlem Brundtlandle, secondo mandato (1986-1989).[↩]
- Conferenza delle Parti, istituita con l’adozione della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) al Vertice della Terra di Rio de Janeiro nel 1992[↩]
- Cfr. Sito web del Ministero della Transizione Ecologica e della Coesione Territoriale. Sottolineiamo “fare il collegamento”, che non suggerisce alcun contributo significativo[↩]
- calcolo del Global Footprint Network. In altre parole, il corrispondente fabbisogno di una Terra la cui superficie è 1,7 volte superiore a quella attuale o, per dirla in altro modo, i cinque mesi rimanenti stanno esaurendo gravemente il nostro capitale naturale. Eravamo alla fine di dicembre nei primi anni ’70[↩]
- Cfr. Cosa dobbiamo ricordare dal 6° rapporto di valutazione dell’IPCC.[↩]
- Ibidem.[↩]
- Cfr. sciencepoenvironnement.fr.[↩]
- 4,543 miliardi di anni secondo il metodo di datazione dell’uranio-piombo[↩]
- Le commissioni etiche (bioetica, fine vita, ecc.) possono portare a nuove leggi; casi in cui si cerca una convergenza tra etica e giustizia[↩]
- Lettre sur l’humanisme (1947), in risposta alle domande di Jean Beaufret (1907-1982), in particolare “l’ontologia non dovrebbe essere completata dall’etica? In questo possiamo riconoscere il Dharma (dovere o “conformità all’essere”) dell’induismo”[↩]
- A titolo di promemoria, ricordiamo i concetti di etica noti come etica procedurale (Rawls), etica della discussione (Habermas), etica teleologica, etica consequenzialista, meta-etica (Ricœur), ecc.[↩]
- Al punto che notiamo un’inversione in alcuni filosofi (Deleuze, Ricoeur, Comte-Sponville, Misrahi) che definiscono la morale come doveri verso un Bene assoluto e l’etica come un insieme di soluzioni ragionevoli caso per caso (la bioetica, per esempio[↩]
- Jean Borella, Le sens du surnaturel, ed. de la Place Royale, 1986, Ad Solem, 1996, pp. 17-23 (ripubblicato da L’Harmattan, 2012[↩]
- Ibidem[↩]
- fondato nel 2008 da Miguel Espinoza (Università di Strasburgo) e ben radicato in Sudamerica (rivista Scripta Philosophiæ Naturalis creata nel 2011[↩]
- In particolare, la continuità tra scienza e metafisica[↩]
- Cfr. Herder, Goethe, Baader, Novalis, Schelling, Hegel.[↩]
- Cfr. l’affermazione “hen kai pân” (“Uno e Tutto”… “Non conosco altro”) che Lessing (1729-1781) disse a Jacobi (1743-1819), cfr. Lettere a Moses Mendelssohn sulla filosofia di Spinoza (1785[↩]
- cfr. Lynn White, Jr, “The Historical Roots of Our Ecologic Crisis”, Science, vol. 155, Issue 3767, 10 Mar 1967, pp. 1203-1207).[↩]
- Queste indicazioni troppo sommarie non rendono certo giustizia.[↩]
- da Gaia: Madre Natura.[↩]
- “Per un americano, è ovvio che il rapporto dell’uomo con la natura è morale: coinvolge non solo l’individuo, ma anche la comunità, e i valori sono investiti in esso. Ciò è dovuto al ruolo centrale svolto dalla natura nella formazione dell’identità nazionale americana”, Catherine Larrère, “Éthiques de l’environnement”, Multitudes 2006/1 (n. 24), p. 76. [↩]
- Descrizione magistrale in C. Larrère, op. cit.[↩]
- Qui seguiamo Clara Ruault, “Faut-il se méfier de l’éthique environnementale?”, Fondation Jean Jaures, 07/01/2021.[↩]
- Invito di Clara Ruault, op. cit. Cfr. Catherine Larrère, Les Philosophies de l’environnement (1997) e, con Raphaël Larrère: Penser et agir avec la nature: une enquête philosophique (2015[↩]
- Aldo Leopold, Almanacco di un conte di sabbia, Aubier, 1995, p. 283). Sottolineatura aggiunta.[↩]
- Clara Ruault, ibid.[↩]
- C. Larrère, op. cit., p. 81[↩]
- José A. Prades, L’éthique de l’environnement et du développement, Paris: PUF, 1995. Sottolineatura aggiunta.[↩]
- Éthique et développement durable, con Yvan Droz, Jean-Claude Lavigne, Liliana Diaz, Raymond Massé, Isabelle Milbert, Parigi: Karthala, 2006.[↩]
- Papa Francesco, Lettera enciclica Laudato Si’, “Sulla salvaguardia della casa comune”, §49 e §70.[↩]
- Lettera enciclica Laudato Si’, Sulla salvaguardia della casa comune, § 63.[↩]
- 1967, cfr. supra, n. 25. In particolare il “dominio” sulla terra in Genesi I, 28[↩]
- John Passmore, Man’s Responsibility for Nature. Ecological Problems and Western Tradition, London: Princeton University Press, 1974. Una più recente, del 2005, non è meno interessante: Jacques Arnould, “Les racines historiques de notre crise écologique”, Lettre à Lynn White et à ceux qui s’en réclament, Pardès 2005/2 (n. 39), pp. 211-219.[↩]
- Discorso sul metodo, parte 4: Le regole della morale per disposizione.[↩]
- Sandrine Petit, “christianisme et nature une histoire ambiguë”, Courrier de l’environnement de l’INRA, n° 31, 31 agosto 1997.[↩]
- Sandrine Petit, ibidem.[↩]
- Maurice Gilbert, “Soyez féconds et multipliez”, Nouvelle Revue Théologique, 96 (1974), p. 729-742[↩]
- Dante, La Divina Commedia, Paradiso, Canto XXXIII, 145[↩]
- Catechismo della Chiesa Cattolica, 2416.[↩]
- Ibid., n. 339[↩]
- Laudato Si’, op. cit., §75. Ne abbiamo tratto i riferimenti[↩]
- Libro delle Opere Divine, 2; citato da P. Pierre Dumoulin (rettore dell’Istituto di Teologia di Tbilisi, Georgia), “Ildegarda chiede la conversione dell’uomo”, La Croix, 08/11/2012 (online).[↩]
- P. Pierre Dumoulin, op. cit.[↩]
- Laudato Si’, op. cit., §10.[↩]
- San Bonaventura, Legenda Maior, VIII, 6: FF 1145, Laudato Si’, op. cit, §11.[↩]
- Legenda Maior, VIII, 1: FF 1134; Laudato Si’, op. cit., §66.[↩]
- Laudato Si’, op. cit., §10.[↩]
- Paolo VI, Lettera apostolica Octogesima adveniens (14 maggio 1971), n. 21: AAS 63 (1971), 416-417; Laudato Si’, §4.[↩]
- Paolo VI, Discorso in occasione del 25° anniversario della FAO (16 novembre 1970), n. 4: AAS 62 (1970), 833; Laudato Si’, §4.[↩]
- Lettera enciclica Centesimus annus (1° maggio 1991), n. 37: AAS 83 (1991), 840; Laudato Si’, §5.[↩]
- Discorso al Deutscher Bundestag, Berlino (22 settembre 2011) : AAS 103 (2011), 664; Laudato Si’, §6.[↩]
- Messaggio per la Giornata di preghiera per l’integrità del creato (1 settembre 2012); Laudato Si’, §8.[↩]
- Discorso a Santa Barbara, California (8 novembre 1997); cfr. John Chryssavgis, On Earth as in Heaven: Ecological Vision and Iniciatives of Ecumenical Patriarch Bartholomew, Bronx, New York 2012; Laudato Si’, §8. Emphasis added[↩]
- Conferenza al monastero di Utstein, Norvegia (23 giugno 2003).[↩]
- del 4 ottobre 2023, indirizzata “a tutti gli uomini di buona volontà sulla crisi climatica”. [↩]
- ad esempio, l’attuale modello cosmologico (big bang) descrive solo ciò che accade dopo l’inizio (muro di Planck).[↩]
- Cfr. Supra, sezione 1[↩]
- cfr. sezione 5, Ildegarda di Bingen.[↩]
- sia nel senso di “dovere”, “obbligo”, sia nel senso di “colpa”, “colpevolezza”).[↩]
- S. Tommaso d’Aquino, Summa de Theologiae IA IIAE, Q 85, art. 6, Risposta[↩]
- S. Tommaso d’Aquino, ibidem.[↩]
- ibidem.[↩]
- ibidem[↩]
- Larousse[↩]
- 21 Paesi su 197[↩]
- Joëlle Zask, Écologie et Démocratie, Premier Parallèle, 2022). Inoltre: Robert Misrahi, “Pour que la terre reste humaine : l’écologie a-t-elle un lien avec la métaphysique”, Forum Universitaire de l’Ouest Parisien, 2016; Ghaleb Bencheik (ibid.); Elisabeth Ellis, “Democracy as constraint and possibility for environmental action”, in Cheryl Hall, John M. Meyer, and David Schlosberg. Meyer, and David Schlosberg (eds.), The Oxford Handbook of Environmental Political Theory, Oxford, Oxford University Press, 2015; Christophe Bonneuil and Jean-Baptiste Fressoz, L’évènement Anthropocène, Paris, Seuil, 2014. Ancora da Victor Petit, Bertrand Guillaume, “Quelle ”démocratie écologique”?”, Raisons politiques 2016/4 (n. 64), online.[↩]
- L’Harmattan, 2022[↩]