Introduzione

Se ci si pone questa domanda è perché, sebbene denunciato dalla scienza stessa, lo scientismo sembra scaturire quasi naturalmente da essa, non solo culturalmente, nelle menti del tempo e al di fuori della scienza, ma anche nella scienza stessa, come risultato di metodologie, certamente perfettamente scientifiche, ma che potrebbero rivelarsi scientiste per natura. Questo è il punto!

Il problema dello scientismo non è nuovo; è stato discusso per molti decenni da molti filosofi, come Stanley Hoffmann (1928-2015)1, Tom Sorell (1951)2, Gregory Peterson3, Anastasios Brenner (1959)4, ecc. ma anche da scienziati come Arthur Eddington (1882-1944), Wittgenstein (1889-1951), Friedrich Hayek (1899-92)5, Jean Fourastié (1907-1990), Wolfgang Smith (1930) e altri.

Dopo aver ricordato cosa si intende per scienza e scientismo, questo saggio cercherà di rispondere a questa domanda da un punto di vista piuttosto metafisico.

Scienza e scientismo, definizioni.

Il concetto di scienza è classicamente inteso come conoscenza attraverso le cause (scientia est cognitio per causas), ma la nozione di scientismo (in senso peggiorativo) è molto più complessa e comprende convinzioni o considerazioni come quella che la scienza da sola permetta la conoscenza, che possa risolvere qualsiasi questione filosofica o che sia “la soluzione a qualsiasi questione umana (politica, sociale, etica, ecc.)”6.

Di fronte a questo estremo, che ricorda certi regimi di sinistra memoria ma che Renan ovviamente non aveva in mente, possiamo classificare i diversi aspetti dello scientismo, o addirittura degli scientismi, in base alla loro pretesa decrescente, come segue:

  • “Lo spirito e i metodi scientifici devono essere estesi a tutti i settori della vita intellettuale e morale” 7.
  • “Non conservando alcuna traccia della sua origine umana [… la scienza] ha un valore assoluto8.
  • La scienza fornisce una descrizione fedele del mondo, sia che si tratti di scienza empirica (Sorell, op. cit.) che di metodi induttivi9.

In altre parole, le componenti chiave dello scientismo possono essere riassunte in due ideologie che sono ancora attuali:

  1. La scienza permette di conoscere tutto – come il filosofo e logico Quine (1908-2000), che non vedeva più la differenza tra filosofia e scienza;
  2. Dovrebbe essere applicata a tutto, come ad esempio ai modelli utilizzati per misurare l’amore umano10 o Karl Popper (1902-1994) che denuncia questo “uso ingenuo” delle scienze esatte nelle scienze umane.

Scientismo, una retrospettiva anticronologica

Periodo contemporaneo.

Partendo dal XXI secolo, lo scientismo è necessariamente ancora all’opera, dal momento che viene copiosamente denunciato; citiamo lo storico Peter Schöttler (1950): “Scientisme. Sur l’histoire d’un concept difficile” (2013)11, l’epistemologo Jean Paul Charrier: Scientisme et occident: Essais d’épistémologie critique (L’Harmattan, 2011), lo psicanalista Hervé Castanet: Un monde sans réel. Sur quelques effets du scientisme contemporain (Himeros, 2006), l’agronomo Matthieu Calame: Lettre ouverte aux scientistes : alternatives démocratiques à une idéologie cléricale (éditions Charles Léopold Mayer, 2011), il matematico e fisico Wolfgang Smith: Ancient Wisdom and Modern Misconceptions – A Critique of Contemporary Scientism (Angelico Press, 2013) e altri ancora.

Nel corso del XX secolo non sono mancate le critiche allo scientismo, in particolare contro l’egemonia della scienza e la sua deriva verso la tecnoscienza; citiamo il famoso Georges Bernanos (1888-1948) in La France contre les robots (1947)12, la società industriale e il suo macchinismo che riducono significativamente la libertà dei cittadini e portano a modalità di pensiero deviate, Bertrand Russell (1872-1970) nei suoi Sceptical Essays (George Allen & Unwin, 1928), che promuove soprattutto una necessaria indipendenza di spirito, o Bill Joy (1954), che mette in guardia dalla fine dell’umanità ((“Why The Future Doesn’t Need Us. Our most powerful 21st-century technologies—robotics, genetic engineering, and nanotech—are threatening to make humans an endangered species13. Aggiungi André Valenta: Le scientisme ou l’incroyable séduction d’une doctrine erronée (Mélodie, 1995); René Laforgue: Au-delà du scientisme (Guy Trédaniel, 1995), Claire Salomon-Bayet, “Contre le scientisme ordinaire” (Le Débat, n. 73, gennaio-febbraio 1991), Friedrich Hayek, già citato, e anche il chirurgo Jean Fiolle (1884-1955): Scientisme et science (Mercure de France, 1936).

Questo perché il XIX secolo è stato un grande secolo scientifico in tutti i campi: matematica (Cauchy, Galois, Gauss, Riemann…), chimica (Mendeleïev…), biologia (Lamarck, Claude Bernard…), medicina (Jenner, Pasteur…), genetica (Mendel…), fisica (Fresnel, Huygens, Maxwell, Gauss, Ampère, Faraday…), biologia (Lamarck, Claude Bernard…).), medicina (Jenner, Pasteur…), genetica (Mendel…), fisica (Fresnel, Huygens, Maxwell, Gauss, Ampère, Faraday, Sadi Carnot, Bolzmann, Hertz, Pierre e Marie Curie…), ecc.

Non sorprende quindi che lo scientismo sia nato parallelamente a Charles Darwin (1809-1882), Saint-Simon (1760-1825) e Auguste Comte (1798-1857) con la sua famosa legge dei tre stati. Fu a questo punto che la parola apparve per la prima volta (1898)14 con significati inizialmente positivi (Le Dantec15, Abel Rey16 e peggiorativi (“feticismo scientista”, per dirla con Victor Hugo), distinguendo tra posizioni di eccessivo entusiasmo e di necessaria distanza dalla conoscenza scientifica.

Come possiamo vedere, in questo periodo contemporaneo, lo scientismo incorpora una nozione di evoluzionismo – tutto ciò che la scienza non riesce a spiegare, sarà in grado di spiegarlo in seguito -, legata all’ideologia del progresso, che a sua volta si divide tra la critica al mondo moderno (René Guénon, ecc.) e l’apologia del modernismo17 fino al transumanesimo. Paradossalmente, questo scientismo include anche una nozione di positivismo, ossia l’idea di attenersi alle relazioni tra i fenomeni, favorendo lo sviluppo delle leggi della scienza positiva piuttosto che la ricerca delle cause.   

Periodo moderno.

Gli inizi dello scientismo possono essere fatti risalire al XVIII secolo, con le “scienze positive” di Lagrange (1795-1796) e Condorcet (1743-1794), e il loro sviluppo nel XVII da parte di Francesco Bacone (1560-1626), Galileo (1564-1642) e Cartesio (1596-1650)18. Fin dagli inizi dell’era moderna, il concetto di progresso, di progressione e persino di evoluzionismo (in senso generico) era già all’opera19, è il tempo necessario affinché la ragione, partendo dalle sensazioni, raggiunga la “positività razionale” e che Kant (1724-1804) metterà filosoficamente in musica20. Se siamo d’accordo che l’esclusività “positivista” della scienza è l’inizio dello scientismo, allora la riduzione razionalista che l’accompagna ne è parte integrante. A ciò si aggiunge la rottura con la scienza aristotelica, preparata da Gassendi (1592-1655)21 e avallata da Cartesio nel suo Discorso sul metodo (1637).

Il Medioevo.

Questo “spirito positivo” può essere fatto risalire al Medioevo22 e al XV secolo, periodo di cui Ruggero Bacone (1214-1294), promotore del metodo sperimentale iniziato da Robert Grossetête (1168-1253), fu un degno rappresentante.

La sua comprensione pragmatica della scienza e della tecnologia lo portò a immaginare le macchine che conosciamo oggi:

macchine senza rematori, in modo che le più grandi navi sui fiumi o sui mari siano guidate da un solo uomo con una velocità superiore a quella che avrebbero se avessero un equipaggio numeroso […], macchine tali che, senza animali, si muovano con una velocità incredibile […], una macchina che permetta a un uomo di attirarne a sé mille altri con la violenza e contro la loro volontà […], macchine per muoversi nel mare e nei fiumi, anche sul fondo, senza pericolo […]. […] E tali cose possono essere realizzate quasi senza limiti, ad esempio ponti gettati sui fiumi senza pali o sostegni di alcun tipo, e meccanismi e marchingegni inauditi.23

Dobbiamo vedere in questo l’inizio della prova tecnica della conoscenza scientifica, che darà origine allo scientismo dell’era “postmoderna” della tecnoscienza? Probabilmente no. D’altra parte, la stretta associazione tra scienza e tecnica, o teoria ed esperimento, è in corso e porterà, per deriva, a quella che molto più tardi sarà chiamata “tecnoscienza”.

Più fondamentalmente, Bacone afferma la necessità di utilizzare la matematica nelle scienze: “Ogni scienza richiede la matematica”24, impegnando la conoscenza scientifica nell’astrazione quantitativa, che sembra essere l’unica rimasta oggi, a scapito delle qualità.

Tuttavia, nella misura in cui l’astrazione matematica è solo uno strumento complementare ad altri approcci e considerazioni25, cosa c’è da rimproverarle all’epoca come oggi. In Ruggero Bacone, ad esempio, nonostante il dispiacere di Comte, Bacone riconosce effettivamente due esperienze: “una coinvolge i sensi esterni […] e questa esperienza è umana e filosofica”, cioè di costruzione razionale, mentre l’altra consiste in “illuminazioni interiori” 26, cioè la ricezione degli intelligibili27.

Antichità.

La Grecia concepiva la scienza come essenzialmente “disinteressata”: l’obiettivo non era quello di diventare il padrone della natura, ma, in quanto fonte di contemplazione, la natura non poteva essere dominata ma, al massimo, compresa. Inoltre, poiché i lavori tecnici associati alle scienze erano nelle mani degli schiavi, il machinismo, che avrebbe potuto essere sviluppato, non sembrava necessario e portava addirittura al “disprezzo per il lavoro manuale [… così che] le arti meccaniche sono opposte, come servili, alle arti liberali, e gli uomini liberi si rifiutano di praticarle”28.

La sua scienza non si avvicinò mai “molto alla realtà fisica; prese poco in prestito dall’osservazione dei fenomeni naturali; non fece esperimenti. La nozione stessa di sperimentazione le rimase estranea. Costruì una matematica senza cercare di utilizzarla nell’esplorazione della natura29. Si potrebbe addirittura affermare che, mentre il mondo sociale “deve essere soggetto al numero e alla misurazione, la natura è più che altro il dominio dell’approssimazione, a cui non si applicano né il calcolo esatto né il ragionamento rigoroso”30.

Questo sistema di pensiero, di cui Aristotele, pur essendo paradossalmente il fondatore del rigore del discorso scientifico, è il rappresentante “assoluto”, si diffonderà e si manterrà nei mondi successivi, siano essi greco, latino, bizantino, islamico e persino nel cristianesimo medievale.

Scientismo, quindi radici piuttosto moderne

Durante tutto il Medioevo vi furono importanti invenzioni (l’aratro nel VI secolo e la mola nell’XI secolo, ad esempio), ma è a partire dal XII secolo che si assiste alla maggiore diffusione dei progressi tecnologici, sia per quanto riguarda gli oggetti (occhiali, orologi, calamite, bottoni, bussole, filatoi, ecc.) sia per quanto riguarda i processi tecnici (polvere da sparo, stampa, distillazione, altiforni, carriole, ecc.) Soprattutto, il fatto che le tecniche artigianali, nonostante il loro approccio empirico, portassero a realizzazioni sorprendenti (cattedrali, macchine, ecc.), le fece uscire dalla loro posizione di deprezzamento, avvicinando le arti liberali a quelle meccaniche e inaugurando le grandi invenzioni del XIV e XV secolo (orologi a pesi, cannoni, vetro piano, automi, canali e chiuse, macchine minerarie, ecc.)

Non sorprende che sia stato durante il Rinascimento che le cose cambiarono davvero. Rispetto alla scienza “disinteressata” che era sopravvissuta fino a quel momento, la scienza, da un lato, sviluppava i propri strumenti e, dall’altro, prendeva come oggetto di studio le macchine sviluppate dagli ingegneri, al punto da essere in grado di progettarle prima che fossero costruite. La scienza applicata emerse e divenne gradualmente parte integrante della scienza.

A partire dalla fine del Rinascimento, nel XVII secolo, con Galileo (1564-1642), Cartesio (1596-1650) e Newton (1642-1727), in particolare, questa fusione tra teoria e pratica sarà completata alla fine del XVIII secolo. Nel frattempo saremo passati, come talvolta si legge, da Francis Bacon: “Si può trionfare sulla natura solo obbedendole” (Novum Organon, 1620) a René Descartes: diventare “padroni e possessori della natura” (Discorso sul metodo, sesta e ultima parte). Tuttavia, se leggiamo il rispetto per la natura e una certa saggezza nella necessaria “obbedienza” indicata da Bacone, Cartesio non appare di fatto meno saggio. Tanto per cominciare, dice proprio :

[…. è possibile arrivare a una conoscenza molto utile per la vita, e che al posto di questa filosofia speculativa, che viene insegnata nelle scuole, possiamo trovarne una pratica, grazie alla quale conoscendo la forza e le azioni del fuoco, dell’acqua, dell’aria, delle stelle, dei cieli e di tutti gli altri corpi che ci circondano, con la stessa precisione con cui conosciamo i vari mestieri dei nostri artigiani, potremmo utilizzarli allo stesso modo per tutti gli usi a cui sono adatti e renderci così padroni e possessori della natura”. [enfasi aggiunta]

E specifica quali conoscenze sono “utili per la vita”:

Questo non è solo auspicabile per l’invenzione di un numero infinito di dispositivi, che ci permetterebbero di godere, senza alcuna difficoltà, dei frutti della terra e di tutte le comodità che vi si trovano, ma anche principalmente per la conservazione della salute, che è senza dubbio il primo bene e il fondamento di tutti gli altri beni di questa vita.

Questo obiettivo, ecologico prima del tempo, è saggio. Per evitare di cadere nell’errore di Heidegger di attribuire a Cartesio la fonte del concetto di dominio irrazionale dell’uomo sulla natura, dobbiamo distinguere tra il rischio dello scientismo (la scienza è al di sopra di tutto) e la scienza (conoscenza progressiva, tanto utile quanto imperfetta), che può solo “renderci come padroni e possessori della natura” al fine di preservare la salute e la vita31.

Per quanto riguarda la natura, Yann Arthus-Bertrand (1946) è più in linea con il Descartes originale quando dice: “Gli uomini pensavano di dominare la natura, ma ora sta tornando a perseguitarli” (Legacy, 2020); è tempo di obbedirle un po’ di più, come direbbe Bacon.

C’è un ultimo elemento storico che riteniamo debba essere preso in considerazione, ovvero il rifiuto, soprattutto nel XIX secolo, delle “credenze” religiose in contrapposizione alla conoscenza razionale e positiva, sulla scia del razionalismo di Kant, l’esempio di questa episteme ottocentesca (si pensi alla grottesca “Religione entro i limiti della semplice ragione”32.

Scientismo, fonti e diffusione

Alla luce di questa pur breve indagine storica, è comunque possibile individuare le fonti dello scientismo, tenendo presente che, poiché la scienza ha subito notevoli cambiamenti nel corso dei secoli, tutto lo scientismo è datato e inseparabile dallo stato della scienza del momento.

Disconnessione dalla realtà.

La scienza dell’Antichità e dell’Alto Medioevo 33 potrebbe senza dubbio essere anacronisticamente descritta come scientista, poiché, essendo essenzialmente teorica (cioè mirando a una conoscenza puramente speculativa), rimase piuttosto scollegata dalle realtà naturali. Questo scientismo intrinseco deriverebbe dalla disconnessione dalla realtà a cui oggi la fisica teorica sembra essere tornata. O almeno, questo è ciò che dicono i fisici di oggi:

La meccanica quantistica ci costringe ad abbandonare qualsiasi descrizione della realtà che non sia quella della sua apparizione attraverso i fenomeni empirici; il risultato è che “la pretesa della fisica di descrivere la realtà in sé deve essere abbandonata”.

Hervé Zwirn (1954)34

La descrizione fisica è deliberatamente riduttiva, cioè non tiene conto di molte cose. Si rifiuta di prendere in considerazione molte cose perché non ne ha bisogno. Nella concezione quantistica, un cane è una funzione d’onda. Inoltre, non credo che si possa separare la funzione d’onda del cane da quella del resto dell’Universo, perché la concezione quantistica implica una globalità, secondo la quale esiste una sola funzione d’onda, quella dell’Universo. […] La realtà è lì e nessuno può esaurirla, né dando un nome al cane, né amandolo, né sezionandolo. Ma ripeto che la fisica non ha bisogno di supporre che questa realtà esista o non esista.

Marc Lachièze-Rey (1950)35.

La teoria dei campi, la meccanica quantistica, la teoria dell’informazione e la teoria dei sistemi dinamici stanno lavorando insieme per portare concetti dematerializzati come il processo e l’informazione in primo piano nella nostra visione del mondo. […] Questo è il mondo del segnale. Un mondo senza oggetti, dove solo i segni contano. Una cultura dominata da informazioni multiformi.

Simon Diner36.

Questa “assenza ontologica” del mondo è diventata sempre più evidente in fisica. Abbiamo avuto l’ontologia ancestrale della sostanza – fino a Galileo – poi l’ontologia ancora recente e ancora materiale della materia-energia – con Einstein (1879-1955) -; ora la fisica sta proponendo una “ontologia dell’assenza di substrato” (espressione di Simon Diner). Eddington (1882-1944) dichiarò già nel 1938: “il concetto di sostanza è scomparso dalla fisica fondamentale”37; questo perché, come disse Wolfgang Smith (1930), l’universo fisico non viene scoperto, ma costruito dal modus operandi della fisica: la matematica, che “non c’è finché non ce la mettiamo noi”.

Non c’è forse uno scientismo intrinseco nella fisica attuale, che abbandona la conoscenza della realtà a favore della pura astrazione matematica?

Tuttavia, contrariamente a quanto è stato suggerito, non dobbiamo equiparare la scienza antica a quella moderna, dal punto di vista della mancanza di interesse per la realtà, per la materialità concreta delle cose, a favore della pura speculazione. Questo perché la realtà e il pensiero speculativo sono definiti in modi molto diversi. La scienza moderna rinuncia alla conoscenza del reale, da un lato, a favore di un’astrazione e di una ricostruzione matematica di un mondo concreto che è diventato inconoscibile attraverso la sua riduzione costitutiva38 e, dall’altro, in un contesto di operazioni utilitaristiche piuttosto che di conoscenza reale. La scienza antica, beneficiando dell’apertura filosofica, non è tanto disinteressata al mondo concreto, quanto consapevole della sua incompletezza: non è del tutto dato. Di conseguenza, la sua conoscenza speculativa può e deve tenere conto della realtà, metafisicamente: il cosmo è chiaramente parte di un metacosmo.
Quindi, mentre la scienza moderna può sembrare scientista in questo senso, la scienza antica non lo era. L’unico rimprovero che le si potrebbe muovere sarebbe quello di non avere uno scopo, ma questo sarebbe un complimento: il suo scopo è la conoscenza integrale, che porta necessariamente alla contemplazione dei mondi, e non allo sfruttamento e alla distruzione della terra.

Il tecnicismo.

Ciò che vediamo della scienza alla fine e subito dopo il Rinascimento è essenzialmente una giustapposizione di teoria e pratica, di teoria e tecnica, senza necessariamente cercare di dominare la natura in modo sconsiderato, come abbiamo visto. Se poi la tecnologia si sviluppa, e continua a farlo ancora oggi, in modo spesso incoerente con le esigenze dell’uomo e dell’ambiente, non c’è motivo di parlare di scientismo. Sono l’industria e il modello economico di sfruttamento la fonte diretta degli abusi, non la scienza in quanto tale. La scienza diventa colpevole di scientismo solo quando è così strettamente associata alla tecnologia da parlare di tecnoscienza. Questo scientismo è una cecità nei confronti delle conseguenze, una fede eccessiva in una scienza che si suppone virtuosa.

Una conseguenza di questo tecnicismo, non trascurabile, è proprio la tecnocrazia imperante – e la burocrazia che l’accompagna, tanto che si può dire che il paese (la Francia) è sovraamministrato e sottogovernato. Platone avrebbe voluto che fossero i filosofi a governare, ma gli scienziati più radicali del XIX secolo volevano che il potere politico fosse affidato agli scienziati e non ai politici. Questo aspetto politico dello scientismo tecnicista non sembra più essere di moda oggi.

Positivismo, evoluzionismo, progressismo.

Con il positivismo, l’evoluzionismo e il progressismo, il XIX secolo è stato indiscutibilmente il secolo dello scientismo, ma questo scientismo non è stato principalmente opera di scienziati. Saint-Simon, Fourier (1772-1837), Renan (1823-1862) e Comte erano filosofi o pensavano come tali (Comte). Solo Charles Darwin e Teilhard de Chardin sembrano essere stati scienziati, ma ciò è dovuto alle ideologie. Ora, la prevalenza dell’ideologia nella scienza o ai suoi margini è una causa nota, che è stata perfettamente denunciata e illustrata dal filosofo Georges Canguilhem (1904-1995)39. Fino a poco tempo fa, ciò era illustrato dalle opere di Stephen Hawking40 o, prima ancora, Teilhard de Chardin, le cui ideologie – o la cui fantascienza – sono state smascherate in modo preciso da Wolfgang Smith41 !

Senza dubbio, l’evoluzionismo può essere visto come un’ideologia vicina a quella del progresso. Il mito del progresso è ovviamente meno presente nella mente degli scienziati che in quella del grande pubblico. Secondo lo storico Frédéric Rouvillois42, l’idea di progresso fu formulata come sistema tra il 1680 e il 1730. Da quel momento in poi, si affermò l’idea che tutto fosse intrinsecamente destinato a migliorare, in modo quasi naturale e perpetuo: la conoscenza, la tecnologia, la ragione, la morale, la felicità, il linguaggio e le istituzioni pubbliche.

Le utopie del XIX secolo, economiche, sociali, politiche… ne pagheranno il prezzo, anche se la nozione di progresso fu messa in discussione fin dall’inizio del XIX secolo dal famoso articolo di Karl Kraus (1874-1936)43, scrivendo che il progresso è al massimo una forma, e probabilmente anche molto meno, cioè un cliché o uno slogan, ma non certo un contenuto”44. Vale la pena citare la sua definizione di progresso, perché è così attuale oggi, a distanza di due secoli:

il progresso è il prototipo di un processo meccanico o quasi meccanico, autoalimentato e autosostenuto, che ogni volta crea le condizioni per la sua stessa perpetuazione, in particolare producendo inconvenienti, fastidi e danni che possono essere superati solo da un ulteriore progresso45.

La secolarizzazione della cultura può essere vista come una delle conseguenze del mito del progresso, poiché la scienza alla fine spiegherà tutto e la morte di Dio46 lascia il posto al “superuomo” che il movimento culturale e intellettuale internazionale del transumanesimo promuove instancabilmente.

Questo mito non è morto e continua a essere denunciato nel XXI secolo da storici e filosofi, in particolare da Jacques Bouveresse, con una pubblicazione postuma nel 2023: le mythe moderne du progrès47. Un’illustrazione tipica di questa persistenza del mito del progresso è il fatto che, come ha osservato recentemente Georg Henrik von Wright (1916-2003), “la continua crescita economica è una condizione per risolvere i problemi che la stessa produzione industriale intensificata e razionalizzata crea”. In altre parole, il progresso è rimasto l’auto-soluzione ai problemi che pone; il progresso progredisce! come direbbe Heidegger. Basta etichettare coloro che denunciano i mali causati dal progresso come anti-progresso, per cancellare il nome del progresso, la soluzione perpetua a se stesso e a se stesso.

Questo progressismo è uno scientismo pericoloso, ma non si trova in realtà nella scienza stessa.

Riduzione razionalista.

Tra le cause culturali dello scientismo, dobbiamo citare l’insidioso kantianesimo in cui siamo immersi dal XIX secolo e che è stato associato alla secolarizzazione della cultura.

Questa è la distinzione fondamentale tra ragione e intelligenza, che resiste da oltre duemila anni, anche nell’introduzione alla scienza sperimentale di Ruggero Bacone. Naturalmente le due cose coesistono nella mente umana, ma le loro funzioni sono ben distinte: la ragione è un potere di ragionamento, cioè di calcolo, persino un “calcolo di idee”; l’intelligenza è ciò che ci permette di comprendere i calcoli e i ragionamenti. Soprattutto, se la ragione opera nel concettuale, l’intelligenza partecipa all’intelligibile; è la ricezione del significato – che è ingestibile: non possiamo costringerci a capire ciò che non capiamo, diceva Simone Weil (1909-1943)48 o non possiamo costringerci a pensare ciò che non possiamo pensare, diceva il filosofo (G.E.) Moore (1873-1958)49.

Ma Kant (1724-1804), che non poteva concepire l’intuizione intellettuale, ribaltò completamente ciò che l’intera tradizione filosofica aveva stabilito prima di lui. Per lui, il Verstand, cioè l’intelligenza, l’intelletto divenne l’attività cognitiva inferiore e operativa. Viene utilizzato per fare astrazioni, per dare forma concettuale alla conoscenza sensibile e per collegarla insieme al fine di stabilire un discorso coerente; è la conoscenza discorsiva. La Vernunft, la ragione, invece, è diventata la facoltà superiore della conoscenza, quella delle idee e dei principi, ma sembra avere solo “il senso del buon senso pratico”50. L’intelligenza ha perso il senso dell’essere.

Le conseguenze sono importanti: per Kant la metafisica è diventata impossibile e l’intelligenza non è altro che un oggetto di studio per la psicologia. Oggi si parla di intelligenza artificiale, quando in realtà non è altro che ragione artificiale, potenza mentale, calcoli e combinazioni51. Da allora, il razionalismo, la riduzione razionalista che imprigiona il pensiero umano sia nella scienza che nella filosofia, è ancora l’ideologia più diffusa in Occidente e contribuisce in modo determinante allo scientismo. Il biologo Richard Dawkins (1941) è un buon rappresentante di questo scientismo, che riduce tutta la conoscenza al razionale. Va detto che il suo feroce anticlericalismo52 e militante, costituisce un’ideologia in grado di alterare i suoi giudizi.

Lo scientismo basato su una riduzione razionale esclusivista è raro tra gli scienziati. Tutta la scienza è certamente razionale, ma il più delle volte è consapevole della ristrettezza (per costituzione) del campo concettuale in cui opera. Max Planck (1858-1947), ad esempio, era consapevole della chiusura epistemica della scienza (vedi l’articolo “Filosofia e scienza, apertura e chiusura epistemica del concetto”) e dell’apertura (per costituzione) della filosofia:

L’elemento irrazionale insito nell’attività scientifica risiede in questo obiettivo di una realtà assoluta e nella sua incapacità di raggiungerla… Il mondo reale metafisico non è quindi il punto di partenza della ricerca scientifica, ma il suo obiettivo inaccessibile.53

Così il fisico, che si è occupato della materia, passa dall’impero della sostanza a quello dello spirito. E così il nostro lavoro giunge al termine e dobbiamo lasciare la continuazione della nostra ricerca nelle mani della filosofia.54

Scienza e scientismo, una conclusione

Lo scientismo è piuttosto raro tra gli scienziati, che in genere non si considerano responsabili dell’interpretazione del mondo, ma è purtroppo prevalente tra alcuni nomi noti della scienza (Darwin, Teilhard de Chardin, Hawking, Dawkins, ecc.). È il più delle volte e tacitamente nella mente dei tempi (l’episteme dei tempi) e formalizzato dai filosofi, direttamente (Renan, Saint-Simon, Fourier, Comte, ecc.) o indirettamente (Kant, ecc.)) o indirettamente (Kant…), mentre viene denunciata sia dai filosofi (Bernanos, Ellul, Arendt, Jonas, Illich, Joy, Valenta, Laforgue, Salomon-Bayet, Hoffmann, Sorell, Peterson, Brenner…) che dagli stessi scienziati (Eddington, Wittgenstein, Hayek, Fiolle, Fourastié, Russell, Smith…).

All’inizio del XXI secolo, sebbene ancora denunciato, lo scientismo imperante sembra essersi affievolito, fatta eccezione ovviamente per il clima kantiano di razionalità onnipotente – nonostante i vani sforzi di Derrida (1930-2004) di affermare che la ragione non esiste (il suo decentramento) o dei metafisici che ci ricordano la distinzione tra ragione e intelligenza, tra ragionamento e intuizione (ad esempio Jean Borella, 1930).

Se gli scienziati non sono quasi mai scientisti, la domanda rimane: la scienza è intrinsecamente scientista? Dall’antichità al Medioevo, la scienza tendeva a essere scientista, voltando le spalle alla realtà e limitandosi alla teoria. Quando attualmente si abbandona all’astrazione matematica, utilizzando il suo modus operandi per costruire il mondo che avrebbe dovuto scoprire, è ancora scientista. Quando, invece, si concentra su un mondo da trasformare in modo forzato e incoerente – la cosiddetta tecnoscienza – lo è ancora.

Il percorso scientifico sembra molto stretto. Da un lato, è necessario studiare il mondo e iniziare a misurarlo55, per poi modellarlo, ma quando tutta la qualità è stata esclusa, è ancora lo stesso mondo?

D’altra parte, come già sottolineato da Platone, è “nella sua stessa sostanza” che il mondo “è dotato di una funzione ‘iconica’”56; esso è, dice Platone, “di necessità l’immagine di qualcosa”57, cosicché qualsiasi cosmologia può essere solo “un mito plausibile (ton eïkota muthon)” 58. Se, per Platone, “la nostra scienza della natura rimane ipotetica, non è a causa della debolezza della nostra intelligenza; è a causa della mancanza di realtà dell’oggetto da conoscere”59. Questo perché la realtà va oltre la fisica, è per definizione metafisica.

Quindi, non porre la domanda di una scienza intrinsecamente scientista – qualunque sia la risposta – significa semplicemente essere condannati allo scientismo..

Note

  1. “Hayek (Frederic von) – Scientismo e scienze sociali. Saggio sull’uso improprio della ragione. Trad. Raymond Barre”, Revue française de science politique, vol. 5, n. 1, 1955 (pp. 162-163[]
  2. Thomas (Tom) Sorell, Scientism: Philosophy and the Infatuation with Science, Routledge, 1994.[]
  3. Gregory R. Peterson, “Demarcazione e fallacia scientista”, Zygon, vol. 38, n° 4, 2003 (pp. 751-761[]
  4. “Science et scientisme”, Raison présente, vol. 171, n. 1, 2009 (pp. 15-27[]
  5. Scientism and the social sciences. Essai sur le mauvais usage de la raison, Pocket Agora, 1953[]
  6. Ernest Renan (1823-1892), L’Avenir de la science: pensées de 1848, Calmann-Lévy, 1890, pag. 37.[]
  7. Lalande, ibid.[]
  8. Le Dantec, Contre la métaphysique, questions de méthode, Félix Alcan, 1912; citato da Lalande, Voc. tech. et crit. de la phi., PUF, 1951, p. 960). Enfasi aggiunta.[]
  9. Cfr. Allan Bullock & Stephen Trombley (Dir.), The New Fontana Dictionary of Modern Thought, London: Harper Collins, 1999, p. 775.[]
  10. Cfr. John Allan Lee (1933-2013), Robert Sternberg (1949-), Zick Rubin (1944-) e anche Elaine Hatfield, Susan Sprecher, W.H. Jones, D. Perlman, ecc.[]
  11. Revue de synthèse, t. 134, 6 série, no 1, 2013, pp. 89-113.[]
  12. La sua recente ripubblicazione da parte di Payot (2023) testimonia l’attualità di questo pensiero.[]
  13. “Perché il futuro non ha bisogno di noi. Le più potenti tecnologie del XXI° secolo: l’ingegneria genetica, la robotica e la nanotecnologia minacciano di rendere gli esseri umani una specie in via di estinzione”), Wired, aprile 2000. Ma dobbiamo anche citare: Jacques Ellul (La technique, ou L’enjeu du siècle), Hannah Arendt (Les Origines du totalitarisme), Hans Jonas (Le Principe responsabilité), Ivan Illich (Origine du monde moderne)…[]
  14. La parola “scientiste” si trova come “sostenitore dell’esclusivismo delle scienze” in Les Loups di Romain Rolland (atto III, sc. 2 ds Quem. DDL t. 12, cfr. CNRTL s.v.) dove traspone il sostantivo inglese “scientist” in francese.[]
  15. Contre la métaphysique (Alcan, 1912), p. 51; Lalande, s.v.[]
  16. La philosophie moderne (Flammarion, 1919), p. 80; Lalande, s.v.[]
  17. Il modernismo, inizialmente applicato alla rinascita delle arti nella prima metà del XX secolo, è tuttavia utilizzato in fisica, dove l’aggettivo “modernista”, che sostituisce “moderno”, descrive la nuova matematica, la logica e la fisica dell’inizio del XX secolo. Lo usiamo qui, in senso peggiorativo, nel senso di un’eccessiva infatuazione per il “progresso” e la modernità, legati ai concetti di evoluzione, crescita, emancipazione, innovazione, progresso…[]
  18. Seguendo Auguste Comte, Sommaire appréciation de l’ensemble du passé moderne (1830, L’Harmattan, 2006.[]
  19. Cfr. il De Motu di Galileo (1590), seguito dal Banchetto delle Ceneri (1584) di Giordano Bruno (1548-1600).[]
  20. Ricorda che, per fare questo, Kant troncherà l’intelletto dell’uomo per ridurlo a un animale esclusivamente razionale; vedi “Ragione e intelligenza, i due lati della mente”, https://metafysikos.com.[]
  21. Cfr. Exercitationes paradoxicæ contro Aristoteleos (1624), Dissertazioni in forma di paradossi contro gli aristotelici (Vrin, 1959).[]
  22. Cfr. Comte, Discours sur l’esprit positif (1844, Librairie Schleicher, 1909, pp. 5-125.[]
  23. Epistola de secretis operibus naturae et artis et de nullitate magiae (“Lettera sulle meraviglie della natura e sulla nullità della magia”), 1260 circa. Parigi: Chamuel ed. 1893 (archive.org).[]
  24. Omnis scientia requirit mathematicam“, Opus Majus, t. III, p. 98.[]
  25. Da questo punto di vista, la scienza della misurazione (scientia ponderum) è solo una delle tante scienze annesse alla scienza naturale (scientia naturalis), così come la scienza sperimentale (scientia experimentalis); cfr. i suoi Communia naturalium (1260 circa).[]
  26. Opus majus, vol. II, p. 169[]
  27. Bacone distingue addirittura tra “illuminazioni generali” (o Principi) da parte dell’intelletto agente e “illuminazioni speciali” (intuizioni particolari e personali di particolari intelligibili).[]
  28. Pierre-Maxime Schuhl, Machinisme et philosophie, Paris: PUF, 1969, pp. 33-34.). Enfasi aggiunta.[]
  29. Jean-Pierre Vernant, Les origines de la pensée grecque, Paris: PUF, 1969, p. 133.[]
  30. Ibidem.[]
  31. Vedi l’articolo “Metafisica dell’ecologia”[]
  32. Die Religion innerhalb der Grenzen der bloßen Vernunft (1793).[]
  33. Dal 400 circa alla fine dell’Impero Carolingio (924), a cui succedette il Sacro Romano Impero (962[]
  34. “Les limites de la connaissance scientifique”, M. Cazenave (dir.), De la science à la philosophie : Y a-t-il une unité de la connaissance? (Colloque de Bruxelles), Paris: Albin Michel, 2005, p. 139.[]
  35. in “discussione”, De la science à la philosophie, pp. 60-61.[]
  36. De la science à la philosophie, Paris: Albin Michel, 2005, pp. 92, 96.[]
  37. The Philosophy of Physical Science, Cambridge University Press, 1949, pag. 110, citato in Physique et métaphysique, Jean Borella e Wolfgang Smith, L’Harmattan, 2018, pag. 45.[]
  38. Si veda l’articolo “Filosofia e scienza, l’apertura e la chiusura epistemica del concetto”.[]
  39. Idéologie et rationalité dans l’histoire des sciences de la vie : Nouvelles études d’histoire et de philosophie des sciences, Paris: Vrin, 1977.[]
  40. Stephen Hawking e Leonard Mlodinow, Y a-t-il un grand architecte de l’Univers? tradotto dall’inglese da Marcel Filoche (titolo inglese: The Great Design, 2010), Odile Jacob, 2011.[]
  41. Réponse à Stephen Hawking, De la physique à la science-fiction, L’Harmattan, 2013 (Science and Myth: With a Response to Stephen Hawking’s The Grand Design, Philos-Sophia Initiative Foundation; 3rd edition, 2023); L’évolutionnisme théiste de Teilhard de Chardin. Une analyse exhaustive de ses enseignements et de leurs conséquences, L’Harmattan, 2023 (Teilhardism and the New Religion: A Thorough Analysis of the Teachings of Pierre Teilhard De Chardin, Tan Book & Pubs, 1988; riedizione. Theistic Evolution: The Teilhardian Heresy, Philos-Sophia Initiative Foundation, 2023.[]
  42. Frédéric Rouvillois, L’invention du progrès, 1680-1730 (1996), CNRS, 2011.[]
  43. “Der Fortschritt” (Il progresso), Simplicissimus, allora numero 275-276 del Fackel (“La Torcia“).[]
  44. Jacques Bouveresse, “Le mythe du progrès selon Wittgenstein et von Wright”, Mouvements 2002/1 (no19), pp. 126 -141, §2.[]
  45. Sintesi di Jacques Bouveresse, op. cit., § 3.[]
  46. Le Gai Savoir (1882), L. III, 125.[]
  47. Conferenza del 2001, ed. Agone, 2023. Anche Georg Henrik von Wright, The Myth of Progress, Evergreen, 2000.[]
  48. Citato da Jean Borella, La crise du symbolisme religieux, p. 291.[]
  49. “we absolutely cannot think what we can’t think”, cfr. The Evolution of Modern Metaphysics: Making Sense of Things, Cambridge University Press, 2012.[]
  50. C. Webb in Lalande, Vocabulaire technique et critique de la philosophie, PUF, 1951, p. 287.[]
  51. Bérard, “Unmasking ”AI””, https://philos-sophia.org/unmasking-ai/.[]
  52. Dawkins arrivò a giudicare la pedofilia preferibile all’educazione religiosa (“in una delle sue regolari lettere ai giornali, suggerì che abusare sessualmente di un bambino in Chiesa, ‘per quanto spiacevole, può causare meno danni permanenti che crescerlo cattolico’”; Simon Hattenstone, “Darwin’s child”, The Guardian (online), 10 febbraio 2003).[]
  53. Max PlanckL’image du monde dans la physique contemporaine, Gonthier, Paris, 1963 (Das Weltbild der neuen Physik, 1929).[]
  54. Damit kommt der Physiker, der sich mit der Materie zu befassen hat, vom Reiche des Stoffes in das Reich des Geistes. Und damit ist unsere Aufgabe zu Ende, und wir müssen unser Forschen weitergeben in die Hände der Philosophie“; ibid.[]
  55. Se Maxwell (1831-1879) non ha detto esattamente “la fisica è la scienza della misura”, ha almeno contribuito notevolmente a stabilirne l’importanza, un principio fondamentale ora correttamente integrato nella fisica e che si è ampiamente riversato per affermarsi in tutte le scienze e persino per misurare l’amore umano, come abbiamo visto[]
  56. Jean Borella, La crise du symbolisme religieux, p. 40; cfr. Platone, Timeo.[]
  57. Timeo, 29b; Borella, ibidem.[]
  58. Timeo, 29d; Borella, ibidem, p. 41.[]
  59. Di conseguenza, l’unica conoscenza adeguata a un essere carente è la conoscenza simbolica, perché pone prima il suo oggetto per quello che è, un simbolo, ma un simbolo reale, cioè un’immagine che partecipa ontologicamente al suo modello. È questo il “realismo simbolico” (ovvero “è l’idea di simbolo che ci permette di pensare l’idea di realtà”, Jean Borella, Symbolisme et Réalité, ed. 2012, p. 248), il che significa che “il platonismo non è idealismo“; La crise du symbolisme religieux, p. 31, n. 47.[]