In occasione dei Giochi Olimpici di Parigi2024
Sport è una parola polivalente in cui è interessante distinguere tra il gioco, specifico dei bambini; lo spettacolo, specifico dell’intrattenimento; la performance, specifica dei moderni Belerefini – o addirittura del transumanesimo; la competizione, specifica di una visione artificialmente elitaria del mondo (contrapposta al più efficace funzionamento della cooperazione) e secondo la quale tutti sono condannati a perdere (tranne uno); e, l’unica parte davvero fondamentale, l’attività fisica, necessaria per una buona salute.
Per coloro che sono coinvolti nell’eccitazione delle competizioni sportive e degli spettacoli, diciamo che, pur non dovendo imbronciarci nel nostro piacere, abbiamo il diritto di fare un passo indietro da tutti i festeggiamenti e, in effetti, ogni essere umano non ha forse, per natura, un dovere filosofico?
A coloro che si spingono a essere più efficienti in alcune delle loro capacità fisiche verrà chiesto cosa li spinge a farlo. Mentre alcune di queste motivazioni appaiono legittime, altre, come la “iperprestazione” o la pura competizione, sembrano patologiche, anche se la società stessa è malata.
Sport è un parola polivalente, in cui è interessante distinguere tra gioco, specifico dei bambini, spettacolo, specifico dell’intrattenimento, performance, specifica di Bellerefonte1; la competizione, che fa parte di una visione artificialmente elitaria del mondo (in contrapposizione al funzionamento più efficiente della cooperazione) e come risultato della quale tutti sono condannati a perdere (tranne uno, e anche in quel caso solo temporaneamente) e che fa parte del nazionalismo delle nazioni; infine, l’unica parte veramente fondamentale è l’esercizio fisico necessario per una buona salute.
Da questo panorama, possiamo vedere le amalgame e le loro conseguenze, come l’idea dello sport come benefico per la salute, lo sport confuso con l’esercizio fisico, mentre la lunga lista di malattie legate allo sport (osteoartrite, tendinopatia, distorsioni o rotture di tendini, lussazioni, pubalgie…) dimostra il contrario, oppure le migliaia di perdenti, inevitabilmente, di fronte a un unico, effimero vincitore, rendendo l’obiettivo inaccessibile a quasi tutti i concorrenti.
Per fare chiarezza, analizziamo ciascuno di questi concetti a turno.
Gioco per bambini.
Grazie al lavoro di Maria Montessori (1870-1952), Jean Piaget (1886-1980) e Françoise Dolto (1908-1988), sappiamo quanto il gioco sia necessario per lo sviluppo dei bambini, e forse meno per gli adulti, anche se le qualità di perseveranza (atletica) o di cooperazione (giochi di squadra o ‘sport’) possono sempre essere allenate o migliorate negli adulti.
L’educazione non si è sempre concentrata sul gioco. In Platone, l’idea chiave era quella di dare a tutti i bambini una possibilità, portandoli fuori dall’ambiente familiare ineguale. Avendo dato origine al programma europeo Erasmus, dobbiamo menzionare Erasmo con il suo De pueris (1529), in cui intende applicare il suo famoso “Gli uomini non nascono uomini, lo diventano”, fin dalla prima infanzia: “fin dai suoi anni più teneri, dedicategli il vostro sforzo principale”, riprende da Virgilio, ma chi ha detto questo per i cavalli! Questa onnipotenza dell’educazione ha i suoi limiti, che il gioco, ora riconosciuto come la chiave, compenserà 2. Questi giochi sono quelli che offrono la correzione senza l’intervento dell’adulto, come nell’educazione Montessori, o quelli che oggi sono conosciuti come Serious games, giochi di simulazione educativa nel contesto della rivoluzione digitale che consentono il diritto di commettere errori.
Se ora parliamo di adulti, possiamo supporre che i giochi abbiano assunto un ruolo delirante, in particolare i giochi elettronici, sui computer e poi sui telefoni, il cui delirio risiede nel gran numero di ore trascorse a giocare, un numero ideale per un bambino piccolo, ma poco plausibile per un adulto.
Naturalmente, molte attività fisiche sono divertenti (i giochi con la palla sono solo un esempio). In questo caso, possiamo dire che il ricordo dei giochi infantili facilita il necessario esercizio fisico; non c’è motivo di lamentarsi.
Lo spettacolo dell’intrattenimento
Sembra che si possa, senza andare troppo lontano, denunciare la fuga nell’intrattenimento, come la descrive Pascal: Hanno [gli uomini]
un istinto segreto che li porta a cercare il divertimento e l’occupazione al di fuori, istinto che proviene dalla coscienza delle loro continue miserie. Ed è così vano che, essendo pieno di mille cause essenziali di noia, la minima cosa come un biliardo o una palla che spinga, bastano per divertirlo.3
Come sottolinea Pascal, non si cerca solo il divertimento, “deve formare un soggetto di passione ed eccitare su di esso il suo desiderio, la sua rabbia, la sua paura per l’oggetto che ha formato, come i bambini che si spaventano per il volto che hanno imbrattato”. Questo è ciò che illustrano in particolare gli eventi sportivi: una folla ammassata interamente fissata sulla suspense di una competizione, che scoppia in un coro quando uno di loro o una squadra vince sugli altri.
Naturalmente, le competizioni sportive non sono gli unici spettacoli che suscitano la passione delle folle; ci sono anche film e cantanti. È la loro associazione con le vittorie effimere, solitamente misurate in centesimi di secondo per le gare (corsa, sci, nuoto…), che sorprende. Naturalmente, ogni nuova competizione, partita o campionato è un’opportunità per rinnovare l’intrattenimento.
In un momento in cui parte della popolazione dorme all’addiaccio (nonostante l’esistenza effimera di questi ministri degli alloggi), in cui i sostegni sociali – medicina, scuole, università – si stanno sgretolando, in cui i redditi medi sono crollati quasi al livello dei redditi minimi 4, non dovremmo, al di là dell’aspetto psicologico evidenziato da Pascal, mettere in discussione questo panem et circenses5, secondo il quale, inoltre, i circhi aumentano quando il pane diminuisce? La crescita dell’intrattenimento non va forse di pari passo con l’allontanamento dalle urne e da altre responsabilità civiche? Certo, nessuno sta orchestrando questi fenomeni – non c’è un complotto deliberato – e le bilance si stanno aggiustando come da sole.
C’è un’altra cosa da dire su qualsiasi spettacolo, ed è il ‘business’ che lo accompagna. Per una buona o cattiva ragione, le folle devono essere spostate, e sono loro che finanziano il loro intrattenimento attraverso strutture costose e i redditi stravaganti di alcuni giocatori 6. Tutto ciò che possiamo dire è che si tratta di una scelta sociale, ma che il suo sviluppo è nelle mani degli uomini d’affari e che i politici la vedono con favore.
Prestazioni, il segno distintivo del Bellerofonte moderno
Naturalmente, nuotare bene, saltare bene e correre bene seguono l’inconfutabile adagio dei nostri nonni: ciò che merita di essere fatto, merita di essere fatto bene! La performance solleva un’altra questione: quella del limite, sapendo che si sconfina rapidamente nella patologia che è stata chiamata “iperperformance”7. Se si vuole vedere più lontano, è necessario un telescopio; se si vuole vedere più piccolo, è necessario un microscopio, ma se si vuole pedalare più velocemente, la tentazione di assumere farmaci dopanti sarà stata grande8 È anche molto facile trovare tipi di doping adattati a ogni sport9 (questi non sono gli stessi per il sollevamento pesi e per il lancio), con una richiesta di prestazioni da parte degli atleti che ha creato un mercato stimato in 30 miliardi di euro10, che ha raggiunto l’apice negli anni ’90, segnati da importanti progressi farmacologici11.
Tuttavia, negli ultimi anni, si è registrato un calo nell’uso12, probabilmente non perché sia contrario all’etica dello sport o crei un rischio per la salute.
Questo rischio deriva dal ruolo essenziale del doping: mascherare i segnali naturali di stanchezza che porterebbero l’atleta a ridurre o interrompere il suo sforzo13, ma c’è ancora l’eccessiva medicalizzazione e l’accelerazione dei ritmi di allenamento con danni fisici e psicologici, a volte irreversibili14.
Al di là del prezzo da pagare per la prestazione, rimane la domanda: per cosa? Non è forse un desiderio bellerofoniano (vedi nota 1)? Perché se, come diceva Pascal, “l’uomo è infinitamente al di là dell’uomo”, o se l’uomo è invitato a diventare Dio (cristianesimo), non è attraverso il suo corpo limitato per sempre, che nemmeno il transumanesimo più folle prevede. Sarebbe una causa persa.
Questo aspetto dello sport – la performance – viene confuso con il semplice esercizio fisico, necessario per una buona salute. Ma potrebbe esserci un’altra motivazione: la competizione.
La competizione fa parte di una visione elitaria del mondo.
Le prestazioni sportive, nel senso di superare marginalmente i propri limiti, anche senza ricorrere a un eccesso di farmaci (non stiamo parlando di doping) o a un eccesso di allenamento, ci sembrano ancora un po’ infantili, ma, come un bambino che sviluppa le sue capacità, piuttosto sane e naturali.
Tuttavia, sembra che sia all’opera una forza motrice inscindibile: la prestazione comparativa! Come il bambino che vuole essere il più grande – o, per lo meno, fare la pipì più lontano dell’altro bambino – mettere le proprie prestazioni in competizione con gli altri ci sembra inverosimilmente infantile, e per diversi motivi.
Prima di addentrarci in queste ragioni, sottolineiamo che da quando alle ragazze è stato ‘permesso’ di partecipare allo sport – dai pensatori greci (eccetto Aristotele) fino a Coubertin incluso – non c’è stato alcun dubbio che lo facessero15 – l’argomento del maschietto è caduto in disuso, poiché le ragazze non hanno peni con cui confrontarsi, oppure ha vinto la fallocrazia, il machismo del più forte (mafia) o del miglior retore (politica). Se questo elitarismo è davvero una componente del machismo, avrà conquistato tutte le menti e, così facendo, avrà contribuito a ridurre la discriminazione di genere che, nel caso dello sport, durerà da circa 2.800 anni16. Naturalmente, non si può più dire che le donne abbiano adottato un atteggiamento maschile; bisogna dire che l’elitarismo, che costituisce la base dell’ideologia socio-politica contemporanea, è diventato parte dell’organizzazione e dei costumi della società, creando competizione piuttosto che uno spirito di cooperazione o collaborazione.
Questo richiede un altro commento, di natura politica. L’Occidente, che è così affezionato alla parola ‘democrazia’, dimentica di sottolineare che, fin dalle origini americane e francesi delle attuali repubbliche, questa parola era contrapposta a ‘sistema elettorale’, ed è stato quest’ultimo sistema a vincere sulla democrazia: la condivisione del potere, che dovrebbe essere ribattezzata ‘diacrazia’ 17. L’elitarismo è quindi un sostituto dell’aristocrazia, il che significa che il potere (krateîn = comandare) viene dato ai migliori (aristos = i migliori), il che sembra essere l’idea migliore, a seconda ovviamente dei criteri utilizzati per designare i migliori!18.
Resta il fatto che il modo in cui la società funziona si basa su questo modello elitario, e che non è privo di influenza sul non pensiero delle persone. Questo ambiente socio-politico, che favorisce le competizioni e l’esplosione dei concorsi di spettacolo che, a nostro avviso, ne derivano (canto, cucito, pasticceria, cucina, matrimoni, pensioni, vendite di immobili) (anche nella musica classica, dove si deve decidere il vincitore tra cantanti lirici, strumentisti di ogni genere e ballerini!)), costituisce un’opzione unica, mentre ce ne sono altre, come l’apprezzamento del talento senza doverlo valutare, o i ben noti sistemi di cooperazione, che sono più efficaci dei sistemi di competizione.19
Torniamo ai motivi per cui sembra puerile confrontare le prestazioni sportive. Ci sono cinque ragioni principali:
Per essere sicuri di perdere.
Se l’obiettivo è quello di essere il migliore al mondo in una determinata disciplina, iniziamo con la certezza che tutti i partecipanti, tranne uno, perderanno. Ciò significa che la maggior parte dei partecipanti gareggia con una probabilità quasi assoluta di sconfitta. Questo paradosso può essere risolto solo dicendo che la cosa più importante non è vincere, ma competere. Questo è ciò che una persona intelligente ha formulato prima di noi20, ma cosa significa competere se si sa che si perderà (tranne, ovviamente, una manciata di atleti)? La risposta è una sola: giocare, distrarsi, tenersi occupati… o semplicemente combattere per il gusto di combattere, per la bellezza del gesto inutile. In tutti questi casi, sembra piuttosto infantile.
Per essere sicuri di vincere.
Se si tratta di essere il ‘migliore’ solo nel proprio villaggio, per una determinata attività, quasi tutti possono rivendicarlo, dato che le caratteristiche fisiche e i talenti distintivi sono ampiamente distribuiti. Quindi, se mi capita di essere il corridore più veloce del villaggio, è dovuto a qualcosa di diverso dal caso (o dalla provvidenza)? Abbiamo davvero gareggiato? Siamo davvero ‘i migliori’? Una sensazione del genere sarebbe tipicamente infantile.
Lascia che sia il caso a decidere.
Da un lato, ci sono innegabilmente delle predisposizioni fisiche alla nascita. Queste sono evidenti nel basket, nel nuoto e in altri sport. A questo possiamo aggiungere la disciplina dell’allenamento, anch’essa in parte legata alle predisposizioni alla nascita. A queste predisposizioni si aggiungono le coincidenze fortunate o sfortunate: l’allenamento stesso è legato all’incontro con l’allenatore ‘giusto’, oppure no. L’ambiente medico e, a prescindere dalla preparazione, la forma il giorno della gara, che non può essere interamente controllata. Su questa base ‘pericolosa’, qual è il significato delle prestazioni comparative di concorrenti che a volte sono separati da un centesimo di secondo? Ci sono certamente dei campioni innegabili, ma la vittoria di altri non è forse dovuta al caso del giorno? Sarebbe infantile, in un simile contesto, vantarsi di una vittoria meritata21.
Consolazione.
Ci sembra che sia questa impossibilità statistica di vincere che ha portato non solo all’affermazione che “l’importante è partecipare”, ma anche all’aggiunta di premi di consolazione, come nelle classi minori. Naturalmente, non si tratta di svalutare le medaglie d’argento e di bronzo (e certamente non gli atleti che le hanno guadagnate), anche se alcuni destinatari piangono di delusione quando le ricevono, ma di notare che questo permette di triplicare il numero di vincitori, il che, nel contesto citato, è molto significativo.
Nella boxe e in altri sport da combattimento, tutte le fasce di peso significano che il numero di vincitori può essere moltiplicato per dieci. Questo è ovviamente logico e legittimo, ma è molto lontano dai Giochi greci originali.
Infine, dobbiamo menzionare la proliferazione di eventi e campionati (regionali, nazionali, internazionali), che offrono a un maggior numero di concorrenti la possibilità di vincerne qualcuna. ((Solo per i Giochi Olimpici, ci sono più di 10.000 sportivi autorizzati a competere in una trentina di sport che coprono più di 300 eventi. Si tratta di almeno 900 medaglie, ovvero quasi il 10% dei giocatori).
Può essere vista come una puerile consolazione per le centinaia di milioni di sportivi che competono con tutte le loro forze in discipline in cui il titolo di campione del mondo o di campione olimpico viene loro negato per sempre.
Gloria effimera.
Ci sono molti grandi campioni le cui vittorie hanno superato la prova del tempo. Nomi come Michel Jazy (1936-2024), Mohamed Ali (1942-2016), Eddy Merckx (1945) e Björn Borg (1956) sono familiari alle generazioni più giovani. Più recentemente, dovremmo citare Teddy Riner (1989), l’esempio di questi grandi atleti che spesso sono i più modesti: “Siamo ancora esseri umani, siamo come tutti gli altri”, ha detto22 e che praticano la generosità spesso con grande discrezione (Mayweather, Ronaldo, tra molti altri).
Per la maggior parte dei concorrenti, la ‘gloria’ è fugace, poiché i record vengono regolarmente battuti e una competizione si sussegue all’altra. Ciò che è stato raggiunto una volta da un singolo campione vittorioso non è affatto trascurabile, ma c’è qualcosa di più?
E dove si arriva con una medaglia d’oro ai Giochi Olimpici, che non è certo qualcosa da denigrare? Questo testo di un altro grande Judoka sembra parlare molto di ciò che può far sembrare le competizioni infantili o, per lo meno, senza speranza:
Quando ho sentito la Marsigliese, ho pianto, perché ho capito che ero arrivato alla fine. Alla fine di tutto. Sono come gli esploratori che credevano che la terra fosse piatta. Non sono mai andati alla fine per verificare. Ma io l’ho fatto. Alla fine, non c’è nulla. È il vuoto […] la notte insonne in cui fisso con disperazione la voragine che si è aperto davanti a me((David Douillet, L’Équipe, 23 settembre 2000, estratto citato da Isabelle Queval in “Le dépassement de soi, figure du sport contemporain”, Le Débat, n°114, marzo-aprile 2001; citato da Nicole Aubert, “Hyperformance et combustion de soi”, Études, ottobre 2006.
La competizione, il segno distintivo del nazionalismo
Una cosa che dovrebbe sorprendere nelle competizioni internazionali, nei campionati mondiali e, fondamentalmente, nei moderni Giochi Olimpici, è il nazionalismo esacerbato sia dall’organizzazione intrinseca di questi Giochi da parte delle squadre nazionali, sia dalle folle urlanti, spesso raggruppate per nazionalità. Ci siamo allontanati dal progetto iniziale di incoraggiare l’interazione culturale tra i Paesi e di promuovere valori educativi e universali23; ne sono testimonianza le due guerre mondiali, non ultima quella che fu arginata dalla resurrezione dei Giochi Olimpici nel 1896. Alcuni ne vedono una terza all’orizzonte, ma non si può dire che il nazionalismo esacerbato dei Giochi ne sia in qualche modo la causa. In Francia, riflettono semplicemente il nazionalismo che la popolazione, altrimenti non patriottica, abbraccia come un’ulteriore opportunità di festeggiamenti nazionali, complementari a quelli del 14 luglio o del Capodanno. Fin da piccoli, gli spettatori arrivano con le bandiere e cantano gli inni nazionali.
Le medaglie vengono contate per nazione, indipendentemente dalle sue dimensioni in termini di popolazione. Solo di recente, diviso per la popolazione di riferimento, un tasso di medaglie per 100.000 abitanti è stato in grado di presentare un quadro più comprensibile del livello di ‘sportività’ che è comparabile tra i Paesi.
Un altro “tradimento” è stato il passaggio da uno sport amatoriale esclusivo all’inclusione di sportivi professionisti (1981).
Educazione fisica per una buona salute.
Mentre lo sport (agonistico) in genere non fa bene alla salute, l’esercizio fisico sì. Raccomandato fin dall’antichità (da Aristotele, in particolare), è stato raccomandato anche da Rabelais (Gargantua, 1534). Nell’attuale sistema educativo francese, lo sviluppo motorio personale è parte integrante dal CP al Terminale e, a livello mondiale, una Carta Internazionale sull’Educazione Fisica, l’Attività Fisica e lo Sport è stata adottata dagli Stati membri (UNESCO) nel 2015.
La Francia sta sfruttando l’entusiasmo del pubblico per gli eventi sportivi e l’aspetto ludico di alcuni sport per promuovere l’esercizio fisico sotto il nome di ‘sport’: giochi sportivi, eventi sportivi locali che riuniscono pochi appassionati e un gran numero di spettatori. Così, proprio mentre le Olimpiadi di Parigi 2024 stanno per concludersi, il mese di settembre, con l’inizio del nuovo anno scolastico, vede l’arrivo della 15esima edizione nazionale di “Sentez-Vous Sport”, organizzata dal CNOSF (Comitato Olimpico e Sportivo Nazionale Francese), oltre alla Settimana Europea dello Sport #BEACTIVE. Non crediamo che sia scontato che la combinazione di sport e attività fisica produca i risultati desiderati in termini di salute pubblica.
Conclusione.
Essendo il mondo quello che è (abbastanza desantificato)24, essendo le società quelle che sono (chiaramente infantilizzati), sembra improbabile che sarà mai possibile cambiare le cose nel loro complesso, in particolare mettere giù la borsa sportiva e mettere i suoi componenti al loro posto, come abbiamo cercato di fare qui. Anche le iniziative più maldestre per incoraggiare le donne e gli uomini ad esercitare il proprio corpo sono lodevoli, anche se si rivelano prive di impatto sulla salute pubblica.
A livello più generale, dovremmo sostenere il paradosso di “prenderci cura del nostro povero fratello corpo” (San Francesco d’Assisi) 25 anche se è ben noto che “è lo spirito che dà la vita e che la carne non giova a nulla”! (Gv VI, 63).
Come sempre, la saggezza si eleva al di sopra dei paradossi, e se l”essere-prima-della-morte'26 che siamo a volte ha bisogno di distrarsi da questa fine ineluttabile – anche se con l’aiuto di spettacoli sportivi – dovremmo davvero impedirlo?
Se consideriamo i tre grandi sentieri spirituali a disposizione dell’umanità: i sentieri dell’azione, dell’amore e della conoscenza, che si incontrano al loro vertice27 – Poiché ogni essere umano è virtualmente un eroe, un santo e/o un saggio, il campione sportivo non è forse un degno rappresentante dell’eroe? Questo percorso d’azione ha infatti un aspetto negativo: la “ purezza ‘, a cui è legato l’allenamento dell’atleta (e l’oblio o il ‘superamento’ dei vincoli corporei), e un aspetto positivo: l’” invincibilità ”, a cui sono legate le prove agonistiche. A livello spirituale, il primo è il timore di Dio e il distacco dal mondo; il secondo è la lotta contro le passioni e, di fronte al male, la potenza vittoriosa di Dio.
Quindi, in un mondo desacralizzato e in una società infantilizzata, il modello del campione – per quanto teorico o virtuale – che include nozioni virtuose come la disciplina, il coraggio e lo sforzo, non dà forse l’immagine di un sentiero perduto? L’entusiasmo frenetico del pubblico non è fuorviante, riconoscendolo come uno dei grandi percorsi dell’umanità. Con i limiti del corpo, le prestazioni da aspettarsi e i capricci delle competizioni, è chiaro che questo modello può essere facilmente trasposto dal fisico allo spirituale. Sta poi a ciascun individuo trasporlo nella propria vita spirituale. Non esiste un campionato di santità, ma solo questi altri tipi di campioni la raggiungono e la santità rimane l’obiettivo di ogni cristiano.
Nota: per una versione umoristica e iconoclasta di queste riflessioni, vedi Vive le sport ! une histoire sur 100 000 ans, pubblicato da Risibilis éditions, distribuito da L’Harmattan (€12) – in francese.
Note
- Bellerefonte, il nipote di Sisifo, esce vittorioso da varie prove e, per orgoglio, tenta di volare sul Monte Olimpo su Pegaso per sfidare gli dei. Sarà ben punito da Zeus![↩]
- “La libertà umana corre grandi rischi quando si accetta la tesi dell’onnipotenza dell’educazione”, Maurice Debesse, “Les idées d’Érasme sur l’éducation”, Bulletin de psychologie, t. 20, n°258, 1967, p. 972[↩]
- Blaise Pascal, Éditions de Port-Royal : Cap. XXVI – Misère de l’homme : 1669 et janv. 1670 p. 203-217 / 1678 n° 1 a 3 p. 198-211. Aggiungiamo: “Un uomo del genere trascorre la sua vita senza annoiarsi, giocando poco ogni giorno. Dategli ogni mattina il denaro che può guadagnare ogni giorno, a condizione che non giochi d’azzardo, e lo renderete infelice. Potrebbero dire che cerca il divertimento del gioco e non il guadagno. Allora lo faccia giocare per niente; non si appassionerà e si annoierà. Deve scaldarsi e ingannare se stesso, immaginando che sarebbe felice di vincere ciò che non vorrebbe ricevere a condizione di non giocare, in modo da formare un soggetto di passione per se stesso ed eccitare su di esso il suo desiderio, la sua rabbia, la sua paura per l’oggetto che ha formato per se stesso, come i bambini che sono spaventati dal volto che hanno imbrattato (ibid.).[↩]
- Non molto tempo fa, il salario medio di un insegnante era quattro volte e mezzo il salario minimo; ora è sceso a una volta e mezzo.ere[↩]
- Il famoso “pane e circo” che controlla le masse di Giovenale (Satire, X), questo poeta romano della fine del I e dell’inizio del II secolo.[↩]
- il podio d’oro-argento-bronzo nel 1997 ha dato al basket (Michael Jordan, 114 milioni di dollari), golf (Tiger Wood, 46 milioni di dollari) e automobili (Michael Schumacher, 41 milioni di dollari), mentre il podio del 2014 ha dato alla boxe (Flyod Mayweather, 105 milioni di dollari), al calcio (Cristiano Ronaldo, 80 milioni di dollari) e al basket (James Lebron, 72 milioni di dollari); da aggiornare per il 2024.[↩]
- Nicole Aubert, “Hyperformance et combustion de soi”, Études, ottobre 2006.[↩]
- Dal 1968 al 2017, quasi il 100% dei vincitori del Tour de France sono stati arrestati per doping in un momento o nell’altro, e nessuno da allora! Vedere cyclisme-dopage.com.[↩]
- Ci sono amine simpaticomimetiche con azione psicostimolante, alcaloidi stimolanti a base di stricnina e altri tonicardici e stimolanti vascolari…[↩]
- https://info.arte.tv/it/le-dopage-en-quelques-chiffres.[↩]
- Con l’arrivo di nuove molecole, la catena economica globale deve essere rinnovata: Paesi produttori (Russia, Ucraina), laboratori di lavorazione (Paesi Bassi, Spagna), Paesi di stoccaggio (Belgio, Svizzera), consumatori (Europa, Nord America).[↩]
- Nel Tour de France, da 106 partecipanti su 197 catturati nel 1997, solo 4 su 176 sono stati catturati nel 2024.[↩]
- Le anfetamine e le efedrine, il cui uso è troppo pericoloso per il sistema cardiovascolare e la psiche, sono le prime droghe da controllare. Anche un uso occasionale può portare a emorragie, o addirittura a un improvviso incidente ventricolare sinistro con edema polmonare acuto, o addirittura a un coma ipertermico che porta alla morte. Inoltre, l’uso prolungato può scatenare psicosi paranoiche.[↩]
- Xavier Deleu e Yonathan Kellerman, “Sport : le revers de la médaille” (Arte, 2014), LCP/Public Sénat, 03/07/16.[↩]
- si noti che ai secondi Giochi Olimpici (Parigi, 1900), 22 donne poterono partecipare. La parità è stata raggiunta a Parigi 2024.[↩]
- I primi Giochi Olimpici storici risalgono al 776 a.C. su iniziativa di Iphitos, re di Elis.[↩]
- vedere La démocratie du future. Le partage du pouvoir, L’Harmattan, 2022[↩]
- in particolare la priorità selettiva data alle capacità intellettuali a scapito dell’intelligenza colloca lo stesso tipo di individuo, di tipo tecnocratico, in tutte le cariche politiche ed economiche.[↩]
- Al punto che l’opposizione irriducibile tra cooperazione e competizione ha dato origine alla nozione ibrida di “coopetizione” o l’arte di cooperare con i propri concorrenti. Si veda, ad esempio, Paul Chiambaretto[↩]
- “L’importante non è tanto vincere quanto partecipare”, come disse originariamente il Vescovo della Pennsylvania ai Giochi Olimpici di Londra nel 1908. Questa frase distorta fu in seguito imperturbabilmente attribuita a Pierre Frédy, Barone di Coubertin (1863-1937); cfr. Jean Durry e Alain Lunzenfichter, in “Olympisme”, Encyclopædia Universalis.[↩]
- vedere l’articolo: “Merito, un’illusione?”[↩]
- Intervista, “Journal du soir”, France 2, 13/08/16.[↩]
- J.-P. Augustin, P. Gillon, L’Olympisme : Bilan et enjeux géopolitiques, Armand Colin, 2004, p. 1969.[↩]
- Più precisamente, seguendo la tesi principale del libro di William T. Cavanaugh, “Der Gebrauch des Götzenkults” (“L’uso dell’idolatria”), il mondo che affrontiamo oggi non è un mondo disincantato, ma un mondodisincantato: “Siamo esseri adoranti che sperimentano la presenza divina in ogni tipo di realtà creata, nel bene e nel male”. Cfr. Johannes Hoff, “Die Zeichen der Zeit lesen. Einführung in William T. Cavanaughs Buch ‘Der Gebrauch des Götzenkults’“.[↩]
- Dopo averne abusato per tutta la vita (“il corpo è nemico”), nonostante la sua fragile salute e non risparmiando al suo corpo né la fatica né il cattivo cibo di circostanza (che andava a mendicare), San Francesco d’Assisi finì per riconciliarsi con “Frate Corpo”.[↩]
- ‘Sein zum Tode’, un concetto importante in Essere e tempo (§ 46-60) di Martin Heidegger (1889-1976).[↩]
- Sentieri che si ritrovano anche nei tre yoga fondamentali: karmayoga, bhaktiyoga e jñānayoga.[↩]